La fascetta da elettricista usata per l'albero di Natale che scatena una crisi di pianto, la paura del buio e i disturbi del sonno, il terrore di salire su un qualunque autobus: gli incubi di quel 20 marzo non si diradano nelle menti dei bambini della scuola media di Crema che sono stati sequestrati da Ousseynou Sy su un mezzo dato poi alle fiamme. Ieri al processo a carico del 47enne hanno sfilato i genitori di alcuni dei 50 ostaggi. E hanno raccontato il trauma e gli strascichi lasciati nella vita dei loro figli da quella terribile esperienza.
La Corte d'assise ha deciso, su richiesta dei pm Alberto Nobili e Luca Poniz, che le piccole vittime non dovranno testimoniare. Proprio per evitare loro di rivivere quei momenti, faranno fede i resoconti messi a verbale durante le indagini dai carabinieri. «Qualche giorno fa - ha riferito una madre in aula - mentre stavamo facendo l'albero di Natale, mi è caduta una fascetta di quelle da elettricista. Mia figlia l'ha raccolta e mi ha detto: Mamma, con questa sono stata legata. Poi è scoppiata a piangere. Non solo. Non vuole assolutamente che usiamo coltelli davanti a lei, se succede esce subito dalla stanza. Nei giorni successivi al dirottamento era molto agitata, se uscivamo e ci veniva incontro uno sconosciuto mi costringeva a cambiare strada. Ora alterna momenti in cui sembra serena a improvvise crisi di pianto. Sta sempre attaccata a noi e non vuole più andare dallo psicologo. Si rifiuta di raccontare ciò che è successo sull'autobus. Mi ripete: Voglio dimenticare e basta». È sufficiente l'odore della benzina oppure un suono per risvegliare i demoni: «Un giorno si è rannicchiata sul sedile posteriore dell'auto - continua la stessa mamma -, perché alla radio c'era la canzone che uno degli insegnanti aveva fatto ascoltare ai ragazzi durante il sequestro per provare a tranquillizzarli».
Disturbi del sonno, prescrizione di ansiolitici da parte del medico, difficoltà a concentrarsi sono disagi comuni a quasi tutti i ragazzini coinvolti. Anche se la maggior parte di loro non ha voluto continuare i colloqui con gli psicologi che sono intervenuti subito dopo i fatti. «La scuola ci ha chiamati chiedendoci di andare subito in sede - ha aggiunto un padre -, ma senza dirci cosa fosse successo a nostra figlia. È andata mia moglie, io sono tornato a casa e ho visto in televisione un autobus carico di bambini andato a fuoco. È un'immagine indelebile. Solo tre ore dopo abbiamo potuto vedere nostra figlia in ospedale». Un altro genitore: «Mio figlio non vuole più salire su un mezzo pubblico. Questo oltre tutto ci mette molto in difficoltà, perché non va più a scuola senza uno di noi».
Molti dei bambini non hanno più dormito soli da quel giorno, alcuni si rifiutano di andare a scuola. «Ha manifestato ansia e disturbi durante la notte - ha continuato una mamma -. Si alza e cammina per la stanza, la mattina non ricorda nulla».
La peggio dal punto di vista delle conseguenze l'hanno avuta i due ragazzini finiti su tutti i giornali e in tv per aver chiamato i soccorsi e avere ottenuto la cittadinanza italiana. Per loro, è stato spiegato, al trauma del sequestro si sono aggiunte una dannosa esposizione mediatica e una pressione difficilmente sostenibile per un 13enne.
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