Fontana-Klein, in mostra la Milano dipinta di blu

Un percorso espositivo racconta il sodalizio di due maestri che sotto la Madonnina, negli anni '60, rivoluzionarono l'arte

Ecco una mostra che parla di una Milano recente capitale della cultura e dell'arte contemporanea. Il Museo del '900 apre la stagione espositiva con un omaggio a Ives Klein e Lucio Fontana, due grandi «forestieri» (transalpino il primo, argentino il secondo) che sotto la Madonnina seppero generare un corto circuito che condizionò per sempre la storia dell'arte. Si era negli anni '60 e oggi quei due artisti - lo Spazialista dei tagli e il «body-artista» che imprimeva sulla tela i corpi nudi delle sue modelle immerse nel celebre colore blu, sono ai vertici del mercato internazionale. Metterli assieme, in un percorso espositivo che parte dalla «manica lunga» dell'Arengario e si snoda nei piani successivi in suggestivi dialoghi con la collezione fino alla fontaniana sala del grande Neon, è stata un'idea degli storici Silvia Bignami e Giorgio Zanchetti, in collaborazione con la Fondazione Lucio Fontana e gli Archives Yves Klein di Parigi. Un'idea che poggia su solide radici scientifiche e che, proprio nel Museo diretto da Marina Pugliese, fa riscoprire al pubblico con un nuovo fil rouge opere significative di Fontana come la serie di concetti spaziali provenienti dalla Collezione Boschi Di Stefano, la Struttura al neon per la IX Triennale (che oggi si riflette su un tappeto di blu) e un raro esempio di Soffitto Spaziale. Ma a rivivere in questa esposizione sono anni magici che videro paralleli e poi spesso coincidere i percorsi dei due artisti dell'«immateriale» che scompaginarono una stagione artistica fino a quel momento dominata dall'Informale e dalla Pop art. Questa vicenda viene descritta attraverso oltre 90 opere e una fitta documentazione di foto, filmati d'epoca e carte d'archivio. Un'avventura e un sodalizio favoriti, come sempre è accaduto nella storia, da galleristi e intellettuali di frontiera che operavano a Milano alla fine degli anni '50; come Guido Le Noci, fondatore della galleria «Apollinaire», Peppino Palazzoli della «Galleria Blu» (appunto...), Dino Buzzati e Bruno Munari. La galleria Apollinaire di via Brera ospitò nel gennaio del 1957 la prima personale di monocromi blu di Klein, con presentazione di Pierre Restany, il critico francese che proprio sotto la Madonnina, tre anni più tardi, avrebbe ufficializzato il movimento del Nouveau Realisme con performance dissacranti nel centro cittadino. Quella prima mostra fu occasione per una celebre recensione di Buzzati sulle pagine del Corriere intitolata «Blu blu blu», inno a quell'«International Klein Blue» che per l'artista era il colore perfetto, l'unico in grado di unificare il cielo e la terra e dissolvere il piano dell'orizzonte.

Erano i gloriosi anni del bar Jamaica e Fontana, che si innamorò di questo suo alter ego parigino al punto da diventarne il maggior collezionista, diede il via ad una serie di scambi con Klein, come l'invito per il progetto di un'«architecture de l'air» per la XII Triennale del '60. Attenzioni che il francese ricambiò contribuendo, durante i soggiorni parigini di Fontana, a consacrare l'amico definitivamente sulla scena internazionale.

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