È un Roberto Formigoni deciso a vendere cara la pelle,l’uomo che si presenta in consiglio regionale per annunciare «la fine della legislatura». Pochi minuti prima consiglieri d’opposizione avevano sventolato uno striscione in aula: «Formigoni, dimettiti». Subito dopo il presidente della Regione Lombardia ha chiesto lui ai consiglieri di Pd, Sel, Idv di dimettersi insieme agli uomini del Pdl nel giro di una settimana. E parla di elezioni il 16 dicembre: «Al voto prima di Natale». Nell’attesa, una giunta con uomini al di fuori della politica regionale.
Un estremo tentativo di sparigliare le carte. E una posizione molto diversa da quella della Lega, che - proprio come larga parte del Pdl - preferirebbe il voto ad aprile, insieme alle politiche. I leghisti in Regione coccolano già la data del 7 aprile, a loro gradita anche perché è l’anniversario del giuramento di Pontida, ricorrenza dal forte valore simbolico, con capacità di mobilitazione di militanti ed elettori lumbard .
Formigoni ha il dente avvelenato con il Carroccio. E si mette di traverso sulla strada del suo aspirante erede, Roberto Maroni, che in un’intervista al Corriere si autopropone come futuro governatore della Lombardia. Il presidente quasi dimissionario non la prende benissimo: «Ritengo irrituale che chi ha fatto pressioni per interrompere una giunta che ha lavorato bene possa pretendere di essere lui candidato». A stretto giro di posta la controreplica di Maroni: «Non vedo come Formigoni possa dire che io posso o non posso candidarmi, non è una decisione che spetta a lui. Non abbiamo rottamato niente, la Lombardia si è autorottamata con gli scandali».
La giornata è scandita da una nuova inchiesta che riguarda la Compagnia delle Opere:sotto l’attenzione dei Pm una delibera firmata da Formigoni. Una novità che non concilia la serenità generale. Il presidente della Regione in aula parla di una giunta per arrivare al voto composta da «persone esterne alla politica». Poi precisa: «esterne alla politica regionale». Matteo Salvini, segretario lombardo della Lega, fa sapere che il suo partito entrerà in giunta con un assessore. Posizioni ancora in cerca di una conciliazione, con le logiche politiche che si mescolano alle rivendicazioni personali.
Gli sviluppi si rincorrono. Vittorio Sgarbi racconta di aver ricevuto l’offerta di fare l’assessore alla Cultura, gli uomini di Formigoni parlano di «un cordiale colloquio » ma negano che gli sia stato offerto l’incarico. E la confusione è grande.
In consiglio regionale è stata fissata per giovedì 25 ottobre la seduta che dovrebbe eliminare il listino bloccato. Poi le dimissioni, «anche se non sarà stata modificata la legge elettorale», dice Formigoni. Ma la Lega si prepara a fare ostruzionismo, chiedendo di modificare i vitalizi e in modo più radicale la legge elettorale.
Nonostante le pressioni del Carroccio e del Pdl, Formigoni sa che finché rimane in carica (anche se sono gli ultimi mesi) le decisioni devono comunque passare da lui.
Non rinuncia al potere contrattuale che gli resta, ripetendo che «quattro mesi in più senza governo regionale portano danni miliardari », ben più ampi del costo della doppia chiamata alle urne per le regionali a dicembre e le politiche ad aprile. E ormai in Lombardia il dibattito più acceso è su quale sia il momento più opportuno per staccare la spina.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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