Il pianista iraniano Ramin Bahrami, classe '76, una vita dedicata a Bach. E la prossima occasione è il concerto programmato al Dal Verme. Un'operazione che ha un preciso senso divulgativo: avvicinare a questa musica anche giovani e bambini. Ma come è nata la collaborazione con Rea, pianista jazz quindi in teoria lontano dai preludi e dalle fughe del Barocco?
«La nostra collaborazione è iniziata dopo un mio concerto a Roma risponde raggiunto al telefono il pianista bachiano È nata subito un'intesa, un rapporto di amicizia musicale». Viene da chiedersi che cosa c'entra la musica di Sebastian con le improvvisazioni jazzistiche; e invece «probabilmente il compositore è stato il più jazzista della musica colta dei secoli scorsi». E ancora si dirà: per quale motivo andare a sentire per l'ennesima volta un autore nella storia proposto in tutte le salse. Una domanda che qualcuno si potrebbe fare e che grida vendetta, perché stiamo parlando di uno dei pilastri della musica occidentale. Ma al quesito-provocazione Bahrami risponde volentieri: «Si deve ascoltarlo perché è un compositore universale, a-temporale e a-geografico, senza tempo né luogo. Ed è stato il più grande creatore del ritmo e della danza».
Maestro, per chiudere, quali progetti? «Per Decca concluderò il ciclo del Clavicembalo ben temperato primo volume, concerti con questo repertorio, conferenze in giro per il mondo. Poi sto scrivendo tre libri, ma su questo non posso ancora dire nulla, per l'editore La Nave di Teseo».LuPav
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