Un galà dei musulmani, ospite d'onore? Il capo di Islamic Relief

La ong ad Assago col fondatore El Banna Il portavoce della sinagoga: «Preoccupato»

Un galà dei musulmani, ospite d'onore? Il capo di Islamic Relief

Un galà con il fondatore di Islamic Relief. La controversa organizzazione musulmana si riunisce domani ad Assago (ma anche a Padova e Bologna) e ospite d'onore è il fondatore Hany El Banna. La serata sarà dedicata all'emergenza umanitaria nello Yemen, ma è destinata a far discutere, come altre iniziative convocate negli ultimi anni in città.

La serata vorrebbe «unire la beneficenza allo svago» come si legge nella presentazione dell'evento, promosso dall'associazione. Eppure c'è inquietudine. Fondata nel 1984 in Inghilterra da El Banna e dai suoi compagni di università, oggi Islamic Relief è presente con i suoi uffici in decine di Paesi, è accreditata presso il Consiglio economico e sociale dell'Onu e annovera fra i partner l'Organizzazione mondiale della sanità. Oltre che per la l'attività umanitaria, però, la Ong è nota anche per i suoi legami ideologici con un certo mondo islamico. «Siamo guidati dai valori e insegnamenti senza tempo del Corano - si legge nel Chi siamo - e dell'esempio profetico (Sunnah)». Spesso l'ong è finita nell'occhio del ciclone, in passato per aver invitato a suoi eventi personaggi come Tareq Al Suwaidan, un imam radicale che le comunità ebraiche italiane hanno definito «un predicatore d'odio della peggior specie», noto per posizioni «antisemite e anti-israeliane», e che è stato respinto dal Viminale, che nel 2016 gli ha proibito l'ingresso in Italia.

Il ministero degli esteri israeliano, lo ha scritto il Foglio, ha accusato l'Islamic Relief wordlwide di aver dato «assistenza all'infrastruttura di Hamas», movimento palestinese che nasce come costola dell'integralismo musulmano.

Negli ambienti della Comunità ebraica, in passato si è guardato con una certa apprensione ad eventi come quello di Assago, e in generale alla penetrazione di sigle e figure dal profilo ideologico controverso. La cosa potrebbe ripetersi. «Ci stiamo ancora asciugando le lacrime dopo il funerale di Antonio Megalizzi e scopriamo questo evento» commenta il portavoce della sinagoga Beth Shlomo, Davide Romano, pensando al giovane giornalista italiano vittima di un attentato islamista a Strasburgo. «Quanti morti dovremo ancora piangere - chiede - perché in alcune comunità islamiche si smetta di invitare personaggi controversi? Se da un certo mondo islamico non vedremo un chiaro cambio di rotta, allora anche Megalizzi sarà morto inutilmente».

Il caso arriva in un momento cruciale, in Consiglio comunale infatti la maggioranza di centrosinistra sta approvando il piano delle attrezzature religiose, che prevede sei luoghi di culto islamico in città. E mentre la Regione cerca di bloccare quella che il centrodestra chiama la «sanatoria» comunale delle moschee, la Lega si appresta a portare in Parlamento tre proposte per regolare imam, finanziamenti e luoghi di culto.

E a questa discussione Romano sembra rivolgersi: «Rilancio la proposta di una legge per la confisca dei luoghi di culto dove si predica estremismo - dice - unica risorsa che ci resta per responsabilizzare le comunità di fronte a chi predica odio».

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