Salgono (e di molto) le quotazioni di Attilio Fontana per un suo bis a Palazzo Lombardia. A suo favore la convinzione che un candidato di lungo corso e rassicurante come lui, piacerebbe a un mondo produttivo squassato dal Covid e ora dalla guerra in Ucraina. A confermarlo la coda di categorie, associazioni, imprenditori, pezzi di società civile e di volontariato che lo stanno pregando di annunciare al più presto la sua ricandidatura. Vincendo magari anche qualche perplessità di una famiglia che comincia a considerare più che sufficiente il contributo da lui dato alla res publica. E a questo proposito, oggi in tribunale la sua difesa parlerà davanti al gup in quella follia che è il processo sui camici. Decisione sull'eventuale rinvio a giudizio il 13 maggio, quella che diventa una data spartiacque per decidere. Un annuncio successivo porterebbe a un sicuramente dannoso intreccio delle due vicende, la politica e la giudiziaria.
Si vedrà. Oggi, intanto, a Milano arriva l'esercito di Fratelli d'Italia guidato da Giorgia Meloni, la politica del momento che non a caso per la sua conferenza programmatica ha scelto di dissodare un territorio solitamente non così favorevole alle sue legioni. Una prova di forza tutta muscolare nel campo degli alleati-avversari del centrodestra, con la scelta del prossimo candidato governatore della Lombardia che entrerà nel pacchetto di bandierine da piazzare sul tavolo a cui siederà insieme a Silvio Berlusconi e Matteo Salvini. Difficile immaginare che la Lega di rito salviniano possa rinunciare a un suo nome il cui traino porterebbe almeno 2 o 3 punti a un Carroccio prevedibilmente in calo. Di qui una scelta che cadendo su Fontana eviterebbe quella balcanizzazione della coalizione che a Milano ha portato alla scelta in extremis del pediatra Luca Bernardo con relativa sconfitta. Ma c'è di più, perché la discesa in campo di Fontana ucciderebbe in culla le tentazioni del sindaco Giuseppe Sala e dell'ex Giuliano Pisapia, oggi annoiato europarlamentare che solo in caso di una sua rinuncia scalpiterebbero per provarci. Proprio ieri Sala ha lanciato la sfida: «Non nascondiamolo, è il Pd il partito di maggior peso del centrosinistra, quindi io mi attendo, se non un'iniziativa, almeno un chiarimento: so che Letta ha occasioni per venire a Milano, è il momento di dire primarie sì o primarie no. E se qualcuno ha candidati in grado di competere lo dica». Messaggio chiaro.
Tornando a destra, se per ora Meloni e la sua luogotenente Daniela Santanché tengono le carte coperte, è in campo la candidatura di Letizia Moratti, l'oggi vice Fontana che vorrebbe fare della sua delega al Welfare il trampolino per il salto. Lei spera non mortale, anche se i partiti sono piuttosto tiepidi vedendo in una sua vittoria il loro inevitabile commissariamento. In alternativa si scalda un politico molto tecnico come il bocconiano ministro del Turismo Massimo Garavaglia che in Lombardia ha già tenuto i cordoni della borsa nella giunta Maroni. E dl governo spunta anche Gian Marco Centinaio, il sottosegretario che nel mondo dell'agricoltura ha creato un buon pacchetto di voti. E, a proposito, un nome spiazzante e competitivo è il presidente Coldiretti Ettore Prandini.
Per doti e tradizione familiare un predestinato alla politica. Per una novità anche un eterno ritorno: quello del bravo rettore del Politecnico Ferruccio Resta. Uno che nel curriculum può vantare il corteggiamento del centrodestra e pure del centrosinistra. Mica roba da poco.
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