Gip: Bettarini poteva morire. "Salvato soltanto dagli amici"

Il coltello del capo della gang allertò il metal detector, ma lui disse di avere un piercing nelle parti intime

Gip: Bettarini poteva morire. "Salvato soltanto dagli amici"

Adesso si capisce perché il questore Marcello Cardona, all'indomani della brutale aggressione a Niccolò Bettarini, abbia deciso di chiudere con provvedimento d'urgenza l'«Old Fashion», la discoteca al Parco Sempione dove tutto è cominciato. Dal testo dell'ordinanza di custodia emessa nei confronti dei quattro indagati emerge un dettaglio quasi surreale sulla gestione delle misure di sicurezza all'interno del locale: Davide Caddeo, il trentenne che ha guidato l'aggressione, riconosciuto da un teste come l'autore materiale delle otto coltellate che hanno rischiato di uccidere Bettarini, all'ingresso dell'«Old Fashion» aveva dovuto passare per il metal detector: che si era attivato. Agli addetti alla sicurezza, Caddeo aveva spiegato di avere un piercing nelle parti intime: e quelli, incredibilmente, lo avevano fatto passare senza verificare. L'ipotesi del giudice è che a fare scattare l'allarme fosse stato il coltello a serramanico con cui qualche ora dopo Caddeo avrebbe colpito il giovane figlio del calciatore Stefano Bettarini e della show girl Simona Ventura.

«Sei il figlio di Bettarini, ti ammazziamo»: questa la frase che più di un teste riferisce di avere sentito dire da uno degli aggressori: e che, nel provvedimento del giudice, fa scattare a carico di tutti i fermati l'aggravante dei «futili motivi».

Cosa abbia innescato tutto, in realtà, ancora non si sa: anche perché Andrea Ilardo, l'amico di Bettarini che per primo in discoteca era stato preso di mira dal gruppo rivale, ha fornito una versione dei fatti piuttosto vaga, e smentita da altre testimonianze. Si intuiscono storie di vecchi rancori, tra bullismo da stadio e affari non chiari. Quello che emerge con chiarezza è che ad andarci di mezzo è stato un ragazzo, il povero Bettarini, che con Caddeo e gli altri del gruppo di Affori non aveva mai avuto a che fare: «Dapprima ho visto solo tre persone che parlavano con Andrea (Ilardo, ndr) che non avevo mai visto in precedenza - racconta il ferito alla polizia in ospedale - e arrivato vicino a lui uno dei tre, un ragazzo pelato, grosso, con la barba scura mi diceva stiamo risolvendo una cosa vecchia». Subito dopo Bettarini viene preso di mira da un altro del gruppo, uno smilzo che lo provoca prendendolo a buffetti sulla faccia, dicendo «hai degli orecchini uguali ai miei». Poi parte il pestaggio: «Mi sono trovato in mezzo a più di dieci persone e non ho più capito nulla». Di essere stato accoltellato, Niccolò dice di essersi accorto solo a pestaggio finito, vedendo il sangue che gli inzuppava la maglietta. Ricorda bene, invece, di come uno dei teppisti abbia colpito brutalmente la sua amica che voleva aiutarlo: «Quando sono caduto in terra e Zoe è venuta a soccorrermi le è arrivato un calcio in faccia da parte del ragazzo tatuato». Si tratta di Caddeo, lo stesso che un teste indica come il tipo che colpiva Bettarini con il coltello.

Interrogato dopo l'arresto, Caddeo ha rifiutato di rispondere, e così pure i due albanesi del gruppo; il quarto, l'ultrà dell'Inter Alessandro Ferzoco, ha ammesso di trovarsi lì ma ha giurato di non avere fatto niente: ma i testimoni e la stessa vittima lo hanno riconosciuto senza incertezze tra i protagonisti della aggressione.

Per il giudice non ci sono dubbi: devono rispondere tutti di tentato omicidio, perché «la brutale aggressione dai medesimi perpetrata ai danni della vittima, tenuto conto «della pluralità dei colpi inferti dapprima con calci e pugni e poi con il coltello» poteva avere come conseguenza la morte di Niccolò. Loro lo sapevano, e gli andava bene così.

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