Non c'è il sindaco, ma viene letto un suo messaggio. Giuliano Pisapia dalle colonne di Repubblica giorni fa aveva incitato i lombardi a una «grande ribellione civica» per liberarsi di Roberto Formigoni e ieri manda a dire che «è un dovere ribellarsi ad un ormai potere morente, bisogna andare al voto al più presto per tornare a vincere come a Milano». Assente per motivi istituzionali, ma «sono e sarò con voi - dice la lettera che viene letta dal palco -, insieme ce la faremo. Dopo il diluvio, un grande arcobaleno illuminerà la Lombardia». Arrivano invece la sua vice, Maria Grazia Guida, gli assessori Lucia De Cesaris, Pierfrancesco Majorino, Stefano Boeri. Mezza giunta comunale sotto il Pirellone bis a chiedere la testa dei politici del centrodestra in Regione. Un'istituzione all'assalto di un'altra istituzione: brutto show per i milanesi ieri sotto Palazzo Lombardia, roccaforte del governatore Formigoni. Alle 20.30 scatta il sit-in organizzato da Pd, Idv e Sel per chiedere le dimissioni. Hanno arruolato le solite frange dei centri sociali e dei militanti che vivono di cortei e sit-in. Oltre un migliaio di persone. Fin qui tutto nella norma. Nulla di nuovo nel vedere alla manifestazione dei forcaioli Legambiente, Acli, sindacati, Roberto Vecchioni, la solita claque della sinistra e i sindaci dei comuni arancioni. Quel che stupisce un po' di più è la presenza di Bruno Tabacci, assessore al Bilancio del Comune che ora di tutto dovrebbe occuparsi fuorché delle grane di altre istituzioni ed ex presidente della Regione dal 1987 all'89. «È necessaria una rivoluzione morale profonda - dice -. Le dimissioni Formigoni doveva darle da tempo». Critico il Pdl: «Non è il momento per i deja vu. Per la Regione si chiude un lungo capitolo politico in modo traumatico. Servono facce nuove, non i soliti cliché».
I Radicali si chiamano fuori e a chi in questi giorni sta urlando «Ad Hammamet» ricordano che nel 1993 a tirare le monetine a Bettino Craxi fuori dall'hotel Raphael c'era anche il giovane militante Franco Fiorito. «Diffidate dai tanti che per ribellarsi hanno aspettato che il potente cadesse nel fango» dice Marco Cappato.
Tuttavia la sinistra usa la piazza anti-Formigoni per un comizio elettorale in vista del voto. E soprattutto cercando di mettere il cappello su una richiesta di dimissioni che non nasce certo dalle pressioni delle opposizioni. Nonostante le schiarite di ieri pomeriggio tra Lega e Pdl, il popolo del Pd non molla il colpo. Ma il problema dell'opposizione è sempre quello: ci sono gli elettori (di solito più in piazza che alle urne), ma non c'è il candidato giusto. Nonostante questo si chiede di correre al voto il più in fretta possibile: «Basta alibi, vogliamo risposte» urla Giuseppe Civati che già aveva organizzato un sit in al Pirellone alla fine di marzo. Il capogruppo Luca Gaffuri si aspetta le dimissioni del governatore già oggi in Consiglio regionale.
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