Ha da poco compiuto sessantacinque anni, è in politica da quando alla Statale era la leaderina di Servire il popolo, è passata dal Pci al Pds, ai Ds e al Pd, e sempre con gradi da dirigente: una di quelli di cui i vecchi comunisti dicevano perfidamente «Si è iscritta giovanissima alla direzione del partito». Eppure il rinnovamento della sinistra milanese, celebrato l'altro ieri con le primarie del Pd, ha incoronato un'altra volta lei: Barbara Pollastrini, la «zarina» sbarcata per la prima volta alla Camera oltre vent'anni fa. E che ieri, a conti fatti, sbaraglia con le sue 4.527 preferenze una lista lunga e agguerrita di concorrenti, uomini e donne, giovani e meno giovani colti da irrefrenabile vocazione per un seggio a Montecitorio o a Palazzo Madama.
Solo dopo la Befana, quando si riunirà a Roma la direzione nazionale del Pd per stendere le liste elettorali, si capirà esattamente a cosa siano servite le primarie: perché dentro le liste bisognerà trovare spazio non solo ai votati di ieri, incoronati dal consenso della base, ma anche ai vip scelti da Roma, quel dieci per cento di candidati di cui Pierluigi Bersani si è riservato la designazione, e che certo non si accontenteranno di un posto in fondo alla lista. Anche perché, in elezioni governate dal Porcellum, senza possibilità di voto di preferenza, la collocazione in lista risulterà decisiva per sbarcare davvero in Parlamento.
Ma vada come vada è difficile che, visto il risultato di ieri, alla Pollastrini possa essere negato un posto sicuro. Ed è un risultato che segna in modo inequivocabile la vittoria del vecchio sul nuovo, dell'apparato di partito sul consenso via web. La Pollastra - come la chiamano da sempre simpatizzanti e antipatizzanti - scavalca in surplace volti ancient regime come Fiorenza Bassoli, amministratori di lungo corso alla Daniela Gasperini, sgobboni da consiglio regionale come Franco Mirabelli, ma anche i volti emergenti della generazione internet del Pd: come Lia Quartapelle, trentenne, faccia pulita, espressione della sezione più telematicamente strutturata dei democratici milanesi, la 02Pd, un tempo feudo di Filippo Penati e ora regno dell'assessore ai trasporti Pierfrancesco Maran.
Difficilmente, seguendo l'intenso dibattito sui social network che ha preceduto le primarie, si sarebbe potuto prevedere un simile successo di una sessantacinquenne passata indenne (anche se tra processi e lacrime) attraverso l'uragano di Mani Pulite, che pure spazzò via il gruppo dirigente del Pci migliorista milanese.
Si fosse votato prima del ponte natalizio, magari sarebbe andata diversamente. Ma per ora, la sezione batte il web.