Cronaca locale

Grazie a una "talpa" truffavano il Tribunale

Con le dritte di un cancelliere un gruppo di 8 persone riusciva a incassare crediti giacenti

Grazie a una  "talpa" truffavano il Tribunale

Un cancelliere del Tribunale che faceva da «talpa» dentro l'ufficio, curatori e amministratori infedeli, crediti riscossi illecitamente e sottratti allo Stato per circa 2 milioni di euro. Sono i contorni di una enorme truffa scoperta in seno al Tribunale fallimentare. L'operazione del Nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di finanza ha portato ieri a sette arresti.

Tre delle persone coinvolte sono finite in carcere, altre quattro ai domiciliari. Si aggiunge un obbligo di dimora. Del gruppo di presunti truffatori fa parte un ex cancelliere del Tribunale fallimentare, in pensione dal 2015. Gli arrestati avrebbero architettato una serie di raggiri con lo scopo di incassare centinaia di migliaia di euro in cosiddetti «crediti irreperibili». Si tratta di denaro non riscosso nelle procedure di fallimento dai legittimi creditori, ad esempio quelli deceduti. L'accusa nell'inchiesta coordinata dai pm Donata Costa e Nicola Rossato, è di associazione per delinquere finalizzata ad una serie di reati fallimentari e alla truffa. Arrestati anche alcuni amministratori di diritto e di fatto di società italiane e lussemburghesi e alcuni professionisti e curatori fallimentari, per fatti che vanno dal 2012 al 2018. Sono stati inoltre sequestrati circa 600mila euro, il profitto di una delle operazioni illecite al centro dell'inchiesta.

Stando alle indagini, grazie alla «talpa» che individuava i crediti giacenti dovuti a persone irreperibili i complici sarebbero riusciti, simulando la cessione degli stessi crediti a società riconducibili agli indagati, a reclamare e riscuotere quei soldi. Somme che invece sarebbero dovute andare allo Stato, ossia al Fug, il Fondo unico per la giustizia. Le misure sono state emesse dal gip Alessandra Clemente. Gli indagati, spiega in una nota il procuratore Francesco Greco, «dimostravano una notevole capacità organizzativa ed intellettiva nell'inserirsi illecitamente nelle maglie del sistema normativo cogliendone le falle. Nello specifico la legge fallimentare prevede che, in occasione della ripartizione degli attivi, decorsi cinque anni dal deposito presso l'ufficio postale o la banca, le somme non riscosse dagli aventi diritto e i relativi interessi, se non richieste da altri creditori, rimasti insoddisfatti, sono depositate nel Fondo unico giustizia».

Gli indagati sono accusati inoltre di avere, scrive il gup, «con più azioni esecutive del disegno criminoso, al fine di assicurarsi l'indebito profitto derivante da disposizioni del Tribunale di Milano-Sezione fallimentare in danno del ministero della Giustizia, titolare del Fug» e di altri creditori, di avere determinato «l'inganno dei giudici della sezione fallimentare inducendo loro a formare falsamente, nell'esercizio delle loro funzioni» alcuni provvedimenti.

Tra questi ad esempio, lo svincolo di somme molto consistenti nell'ambito di diverse procedure fallimentari: 876mila euro, 583mila euro, 238mila euro.

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