Denis Stevan, la guardia giurata di 25 anni che, il primo dicembre 2012, uccise con due colpi di pistola il padre nella loro casa a Cesano Boscone, nell' hinterland milanese, «ha avvertito la necessità, anzi, si è sentito in dovere di intervenire, per liberare la sua famiglia», la madre e i due fratelli, «ma prima ancora se stesso, da un'oppressione non più a lungo tollerabile». Lo scrive il gup di Milano Andrea Salemme nelle motivazioni della sentenza con cui, lo scorso 6 marzo, ha condannato il giovane a 9 anni e 4 mesi di reclusione, una pena decisamente bassa per un omicidio volontario (l'imputato rischiava l'ergastolo anche in abbreviato), riconoscendogli le attenuanti generiche.
Quella sera la guardia giurata, che aveva frequenti liti con il padre, come ricostruito dalle indagini del pm di Milano Piero Basilone, aveva estratto la sua arma di ordinanza, una Beretta, e l'aveva puntata in direzione di Enzo Stevan, operaio di 47 anni, sparando «al petto» due volte e ammazzandolo. Nelle motivazioni il gup spiega che «l'imputato sentiva l'esigenza di uccidere Stevan Enzo per chiudere una volta per tutte con quel presente che» il padre, che abusava di alcol e cocaina, «gli rendeva insopportabile, devastando la sua stessa vita, oltrechè quella» della madre.
Il giudice chiarisce che l'imputato non ha agito per legittima difesa, ma che «voleva uccidere il padre per liberarsi dell'elemento di disturbo della serenità familiare» e quando ha sparato, per due volte, «ha mirato là dove aveva la ragionevole certezza di provocare» la morte, anche perché era un «eccellente tiratore». Ha «alzato la pistola e ha mirato al petto».
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