Cronaca locale

"Ho ucciso tua madre, adesso tocca a te". Il messicano tentò di soffocare anche il figlio

Dopo la moglie, strinse la cintura al collo del ragazzo che si finse morto

"Ho ucciso tua madre, adesso tocca a te". Il messicano tentò di soffocare anche il figlio

«Ho appena ammazzato tua madre, adesso tocca a te». Il racconto del risveglio da incubo di sabato mattina è quello di un ragazzo messicano di 18 anni, figlio maggiore di Jaime Moises Rodriguez Diaz, il 41enne che qualche ora prima, in camera da letto, aveva ucciso la moglie Silvia Susana Villegas Guzman, 48 anni, dopo averla accoltellata sopra l'arcata sopraccigliare e, come scoprirà il medico legale, finendola con un cuscino premuto sulla bocca. L'allarme del telefono, puntato come sempre sulle 7, era appena suonato nel bel appartamentino di via Gran Paradiso 3, tra il verde di Arese, dove il ragazzo abitava con i genitori e i due fratelli minori da quando la famiglia si era trasferita dal Messico, cioè da qualche mese. Stavolta però, quando il 18enne apre gli occhi, si trova davanti il padre che, seduto accanto a lui, sul divano, lo guarda fisso. Tra i due non corre buon sangue: il ragazzo spiegherà poi agli inquirenti che l'uomo, appassionato di arti marziali, con la scusa di provare nuove posizioni, aveva già cercato di eliminarlo. Sabato mattina però, in un primo tempo il genitore sembra voler addirittura instaurare un dialogo con il figlio, al punto che gli allunga una mano. Il 18enne rifiuta ogni contatto e si ritrae: conosce il padre e sa che è infido, violento, non sopporta come maltratta la madre. Rodriguez Diaz allora si alza, si allontana, va in camera da letto, quindi torna stringendo tra le mani una cintura e dopo avergli comunicato di aver ucciso nella notte la moglie, gli dice che adesso è arrivato il suo momento. Così quando il padre gli stringe la cintura attorno al collo il ragazzo in un primo tempo lotta e si difende. Poi sviene.

All'arrivo dei carabinieri della compagnia di Rho guidati dal capitano Giuliano Carulli e quelli del nucleo investigativo del comando provinciale di Milano diretti dai colonnelli Michele Miulli e Antonio Coppola sono passate da poco le 8. La cintura non è più sul collo del ragazzo e Jaime Moises Rodriguez Diaz apre la porta, ancora insanguinato dopo un maldestro tentativo di harakiri, ma vivo. Il racconto del figlio, sua seconda potenziale vittima, viene confermato dai rilievi dei soccorritori. Ed è per questo che l'altra notte, inchiodato alle sue responsabilità, il messicano 41enne è stato accusato dal pm Giovanni Tarzia oltre che dell'uxoricidio anche del tentato omicidio del suo ragazzo. Davanti al magistrato, però, l'assassino rifiuta di parlare, prima di finire a San Vittore.

Rodriguez Diaz, dipendente Nestlè, un buono stipendio, era stato trasferito dalla multinazionale in Italia a inizio 2021. Per un po' la famiglia aveva abitato a Milano dove i tre ragazzi continuavano a studiare a distanza nelle rispettive scuole in Messico. A infiammare le discussioni sempre la gelosia ossessiva di Jaime Moises verso la moglie, le accuse e le aggressioni davanti ai ragazzi atterriti, che provavano a difendere Susana. Venerdì sera, dopo cena, i toni della discussione si erano accesi ancora una volta dopo l'ennesimo tentativo di Rodriguez Diaz di leggere i messaggi sullo smartphone della vittima. Poi però tutti erano andati a letto e la questione sembrava archiviata insieme a tutte quelle che l'avevano preceduta.

Ora i ragazzi sono tutti insieme in una comunità protetta.

Per loro, per farli stare insieme in un momento tanto tragico, si sono attivati i carabinieri di Rho, i servizi sociali e il sindaco di Arese Michela Palestra, lavorando in sinergia.

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