Attilio Fontana, da tre giorni lei è il presidente della Regione Lombardia. Ha attraversato questa vicenda, anche tumultuosa, ma è sempre sembrato sereno e serafico. Questa tranquillità deriva dalla sua esperienza?
«Guardi, da giovane ero piuttosto ansioso e apprensivo. La cosa provocava anche bruciori di stomaco. Poi ho capito che, quando hai fatto quel che dovevi, puoi stare tranquillo e devi solo sperare che le cose vadano bene. Se vanno male, hai la coscienza a posto. Così ho impostato la mia vita. Altrimenti, anche per la professione che ho sempre svolto, di stress ce ne sarebbero anche troppi, e di difficile sopportazione».
e forse anche meglio del previsto, no?
«Sicuramente, meglio di come avessi pensato, i sondaggi nostri davano un vantaggio, ma limitato insomma. Pensavo a un lunedì di fuoco...».
Immaginava addirittura un risultato incerto?
«No, ma tensioni. Il come siamo andati qui e come è andata in quella città?...».
A Varese la salutavano per nome: «Ciao Attilio». Che significa questa confidenza?
«Significa avere un rapporto vero con le persone, sapere che nessuno è un fenomeno, poi c'è chi è capace di fare una cosa è chi l'altra. Ho avuto tante gratificazioni da persone anche umili e semplici, che mi hanno saputo dare molto dal punto di vista umano».
A proposito di rapporti umani, lei ha ringraziato il suo avversario Giorgio Gori per il «fair play», ma a un certo punto sono sembrati emergere piccoli screzi. Tutto nella norma?
«Sì. Ci sono stati momenti in cui mi hanno attaccato ma fa anche parte delle regole del gioco. Quando da sindaco andavo in Consiglio mi dicevano cose ben più gravi, ma poi andavamo senza problemi a bere una birra insieme».
Adesso si apre una fase nuova. Quali sono i tempi?
«Primo giorno utile il 26-27. Si slitterà a dopo Pasqua».
Si parla di giunta. Che metodo seguirà per la scelta?
«Ci incontreremo con gli alleati e parleremo in modo chiaro e semplice, come ho sempre fatto nella mia precedente esperienza. Si terrà conto dei numeri ovviamente, ma senza usare il bilancino».
Uno dei nodi sarò la rappresentanza di genere.
«È la legge nostra a prevedere una rappresentanza femminile del 40 per cento».
C'è un nome solo al quale non intende rinunciare?
«Sì, ma l'ho detto in un orecchio al diretto interessato».
La dignità politica va riconosciuta ai vari partiti della coalizione: potrebbe nominare esterni o non eletti?
«Ci sarà questa dignità e non mi precludo niente. I criteri saranno qualità e territorio».
Ultimo nodo la sanità. Forza Italia dice che è sempre spettata al secondo partito.
«Io non ho detto la mia idea. Prima bisognerebbe ascoltare anche me forse. Non voglio fare il fenomeno appunto, ma non ho ancora parlato».
Lei è un esponente di questa Lega ma non ha mai sconfessato la Lega delle origini, la sua amicizia con Maroni e Bossi...
«Bossi che vedrò stasera (ieri, ndr) per una bicchierata a Varese per festeggiare gli eletti. Sono amico di Maroni, di Bossi, dell'ex ministro Castelli, di tanti leghisti storici. Di tutti».
Il successo della Lega, cosa è scattato nell'elettorato?
«I temi sono quelli che alla gente stanno a cuore. Ha individuato i temi giusti, con la concretezza che la Lega ha dimostrato sul territorio oltre che al governo. Sono i temi che mi sottopongono le persone che incontro: sicurezza ma anche lavoro, trasporti, casa».
Lei sente rabbia, protesta?
«No, demoralizzazione e voglia di reagire. I lombardi non si piangono addosso, ma vogliono qualcuno che sia concreto e affronti i problemi non promettendo cose irrealizzabili. Sono un popolo concreto, fattivo, capace di reagire. La Lega ha dimostrato di esserlo coi suoi amministratori.
Anche nei paesini, per esempio. Ora tocca a noi non deludere. Credo che ci sia un'opportunità incredibile. Le prospettive sono molto positive, devono essere sfruttate. La Lombardia può diventare ancora più grande e importante».
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