Giorgio Gaber lo chiamerebbe «il potere dei più buoni». Quello di chi crede di aver la verità in tasca. E di poter decidere chi sì e chi no. Dolce e Gabbana no. «Forse sono evasori fiscali». I centri sociali sì. Sono abusivi, ma pazienza.
Ed ecco che nasce una città a due velocità: da un lato c'è un'azienda che dà da lavorare a centinaia di persone, che porta introiti milionari in Italia ma che viene condannata da una parte politica prima ancora che si pronunci la magistratura.
Dall'altra ci sono i ragazzotti dei centri sociali che possono fare, indisturbati, tutto ciò che credono. Possono starsene per anni abusivamente negli spazi dell'ex macello di Macao in nome di una pseudo cultura di cui la città non ha mai beneficiato. E possono organizzare una festa di tre giorni in piazza Selinunte, in occasione del quarto compleanno del comitato abitanti di San Siro e in ricordo dei fatti di Genova del 2001.
Hanno la benedizione del sindaco, padre benevolo che chiude un occhio perfino sulla scelta di intitolare il ritrovo «Occupy estate». Ma sì, promuoviamo la cultura dell'occupazione. «Il titolo - esplode il vice presidente del Consiglio comunale Riccardo De Corato - è rappresentativo della totale mancanza di fantasia dei centri sociali. Ricordo che piazza Selinunte era stata completamente riqualificata dalla giunta Moratti con un investimento di centinaia di migliaia di euro creando un'area gradevole e vivibile per i milanesi». Tra rave party, sessioni dedicate ai graffitari, birra a fiumi e quelle che i ragazzi del Cantiere hanno definito «cene popolari», si può immaginare come è diventata la piazza.
Ma i no global fanno parte di quelli che possono. Altri movimenti no. Quando, poco più di un mese fa, i gruppi di estrema destra hanno organizzato una rassegna musicale a Rogoredo, il sindaco Pisapia non ci ha pensato un secondo ed ha subito preso le distanze in ogni modo, pur essendo dovere della questura autorizzare o meno il raduno. «Milano non può accettare che si svolgano né ora né in futuro - aveva dichiarato - iniziative che attingano al repertorio dell'intolleranza razziale e politica in qualsiasi forma esse si presentino». Intolleranza è anche quella dei centri sociali, ma loro la chiamano «lotta sociale» e allora va bene. Lo street festival si può fare, piace l'idea del «tango illegal» in piazza e tutto ciò che «va contro». Se invece si tratta dell'esibizione in un capannone a Porto di Mare di sette gruppi musicali, le cose cambiano. Soprattutto se le band sono molto note negli ambienti di estrema destra giovanile (come gli americani «Bully Booys» e gli inglesi «Brutal Attack»). La giunta Pisapia era insorta temendo che il concerto fosse il pretesto per il raduno di schiere di nazi violenti e aveva sollecitato le forze dell'ordine a vigilare perché non ci fossero scontri.
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