"Troppi ni sullo stadio. Milano rischia la beffa"

Il centrodestra va in pressing su Sala: "Faccia presto". Se le squadre vanno a Sesto chi mantiene il Meazza?

"Troppi ni sullo stadio. Milano rischia la beffa"

La posizione di Inter e Milan non cambia: l'area di San Siro rimane la soluzione prescelta per il nuovo stadio ma servono tempi certi, soprattutto in relazione al dibattito pubblico. Nessun avvertimento però, solo esigenze legittime da parte degli investitori. Perché sono già passati tre anni da quando si è iniziato a parlare del progetto - è il ragionamento che filtra dalle società - e siamo ancora al punto di partenza. Le squadre vogliono capire quanto ci vorrà per il dibattito pubblico, quando inizia e quando finisce, chi lo modera, quali sono le regole del gioco. Inter e Milan hanno dato piena disponibilità per farlo, ma i tempi devono essere compatibili con il progetto. Altri 12 mesi di attesa, fanno notare le squadre, equivarrebbero a un altro anno perso. Il timore del sindaco Sala è di rimanere con «il cerino in mano».

Ma come ribadiscono i club, da parte loro non c'è mai stata nessuna azione che lasciasse prevedere la volontà di spostarsi da Milano. Fare bene e in fretta, questo è l'unico mantra. «Milano merita il nuovo stadio che porterà 1,2 miliardi di investimenti», punge il leader della Lega Matteo Salvini sulla Gazzetta dello Sport di ieri. «Ma se la prospettiva è quella di un estenuante braccio di ferro tra i club e il sindaco che pronuncia solo dei nì, meglio correre a Sesto San Giovanni», dove l'amministrazione ha già dato il via libera e individuato un'area ad hoc, quella dell'ex Falck. Certo, per Milano «sarebbe una beffa dolorosa» secondo Salvini, visto che la città si ritroverebbe «con la Scala del Calcio senza calcio ma affamata di milioni ogni anno per la sola manutenzione ordinaria, oltre al mancato incasso dell'affitto».

Insomma, un bel guaio, in cui Sala e la sua giunta «somigliano pericolosamente a un incrocio tra Egidio Calloni e Darko Pancev, quando servirebbero Ronaldo o Ibrahimovic», mentre Milan e Inter «pretendono chiarezza per non vedere lo stesso brutto film andato in onda per lo stadio della Roma». Quella di Sesto, ad ogni modo, al netto delle prime interlocuzioni rimane un'opzione plausibile ma non ancora realmente approfondita. A giugno, tra l'altro, si voterà per il rinnovo del sindaco e il rischio è che lo stadio diventi un tema elettorale. Il Pd di Sesto sceglie la via del silenzio, pur di non avventurarsi in un improbabile derby con i dem di Milano. «Siccome che il centrosinistra lì deve ancora passare attraverso le primarie non mi sono coordinato con nessuno», dice Sala, nella speranza «che i cittadini guardino molto alla concretezza e ai problemi veri aggiunge oggi più che mai non credo che si facciano ingannare quando si va a votare». Intanto il senatore di Fdi, Ignazio La Russa, insiste sulla costruzione di un secondo stadio a San Siro, senza demolire il Meazza, proposta che piace anche all'ex presidente nerazzurro Ernesto Pellegrini. «Perché non solo non costa niente mantenerlo in piedi va avanti ma avremmo un vantaggio economico decisivo, visto che l'abbattimento avrebbe un costo pari a quello della manutenzione per 10 anni».

Secondo La Russa, così facendo «si triplicherebbero i giorni disponibili di San Siro», e il Meazza potrebbe continuare a ospitare 10-15 partite all'anno, tipo «quelle più importanti come la Champions, quando servono i 70.000 spettatori».

Perché uscire da Milano «sarebbe un errore», ma se non ci sono le condizioni da Sesto «sono lì, pronti come piccoli rapaci scherza e hanno perfettamente ragione se qui non sono capaci se ne occupano loro». Ma le squadre che ne pensano del doppio stadio? «Ho trovato una chiusura maggiore dal Milan conclude l'Inter era a più attenta a capire le possibilità. Sarà perché sono un tifoso nerazzurro».

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