Cronaca locale

I Paesi ostaggio di un timbro E il Guatemala è senza caffè

Eccesso di burocrazia e norme complicate frenano l'Esposizione Lo Stato centramericano non può offrire la bevanda ai visitatori

Manca il timbro? Niente caffè per il Guatemala. È solo uno degli ultimi esempi dell'effetto della burocrazia su Expo 2015. La grande manifestazione stenta a decollare in ogni sua parte anche per la massiccia dose di timbri e timbretti richiesti dalla complicatissima normativa italiana. Chi conosce meglio gli italiani e ha i mezzi per contrastarla sopravvive, gli altri invece finiscono per affogare nelle carte.

Gli addetti del padiglione del Guatemala ci si sono scontrati per il caffè: volevano offrirlo alle persone in visita, il Paese ne è un forte produttore, ma non possono. Non hanno depositato la Scia al Suap del Comune di Milano, frase già poco chiara a un italiano, si pensi per un guatemalteco. Si è dunque presentato un delegato dell'Asl avvertendoli che o compilavano debitamente tutti i moduli, avvalendosi anche di un commercialista, o scattavano le sanzioni economiche. Follia? No, burocrazia: Il timbro è il timbro. E gli addetti del Guatemala si sono visti consegnare il malloppo di carte da compilare, senza per altro sapere come in alcuni casi.

E non è l'unico esempio: qualche giorno fa il Giornale riportava proprio i problemi burocratici legati al cluster del Cacao, che non sono i soli. Un altro esempio è lo Sri Lanka, un Paese che sta vivendo tra l'altro un periodo di grande crescita economica: da decenni tutta l'organizzazione degli Expo veniva delegata a un ricco concittadino, Hubert Jayakody. L'accordo con il governo era molto semplice: pago tutto io, se va male copro le perdite, se va bene tengo i soldi guadagnati. Per la prima volta dopo decenni ha rifiutato di gestire il padiglione del suo Paese: troppi lacci e lacciuoli in Italia. Non si può lavorare e quindi niente Expo. La piccola nazione asiatica si è dunque trovata a fronteggiare tutti i problemi che non aveva mai dovuto affrontare, con le ovvie conseguenze di rendere ancora più problematica la gestione della manifestazione.

E questi sono solo alcuni esempi: la Bulgaria, per ricordarne ancora un altro, si è sfilata dall'Expo italiana proprio per l'eccesso di questioni burocratiche. Chi invece è riuscito a giocare la fabbrica di timbri italiana è la Svizzera, forse anche perché vivendo vicino agli italiani ne conoscono meglio la complessità normativa: il cibo può essere offerto senza il malloppo di permessi, se è all'interno di un evento temporaneo di degustazione privato. Motivo per il quale all'entrata del padiglione sono distribuiti biglietti gratuiti: ufficialmente, o meglio burocraticamente, in quel modo tutto è nelle regole e gli svizzeri possono distribuire gratis caffè, acqua e frutta senza che spunti un addetto dell'Asl con pronto il blocchetto delle sanzioni.

«È assurdo che si lascino Paesi stranieri in balia della nostra folle burocrazia - dice Simone Enea Riccò, ex responsabile della comunicazione per il delegato italiano alla Commissione Esteri al Parlamento Europeo intervenuto dopo la richiesta di alcuni delegati consolari - gli Stati partecipanti ad Expo non hanno nemmeno un unico referente e devono di volta in volta interfacciarsi con Comune di Milano, Asl o altri enti ed il supporto fornito non è assolutamente adeguato.

Per esperienza mi rendo conto della difficoltà dei rappresentati diplomatici che naturalmente non comprendono la nostra burocrazia e si trovano in balia delle nostre mille regole mentre auspicherebbero un occhio di riguardo, essendo nostri ospiti».

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