I sindacati: «Il ticket tuteli le fasce più deboli»

Sui ticket sanitari, la Cgil chiede alla Regione Lombardia di rivedere i parametri delle esenzioni per i disoccupati e i lavoratori in cassa integrazione. Poche settimane fa infatti il Pirellone ha deciso di fissare un tetto di reddito familiare al di sopra del quale non concedere visite ed esami gratuiti. Il motivo? Punire i furbetti, cioè i falsi disoccupati iscritti alle liste di collocamento pur di avere il ticket gratis. Ci sono stati parecchi casi di finte donne disoccupate ma con il marito manager di grandi aziende. E quindi sono stati fissati dei paletti.
Ora i sindacati scrivono all'assessore alla Sanità Mario Melazzini per chiedere di rimettere mano alle regole. A farsi promotori della richiesta è Melissa Oliviero della segreteria della Cgil Lombardia. La lettera evidenzia il risultato di alcune simulazioni, fatte applicando i nuovi criteri, dalle quali risulta che «l'esenzione spetterebbe solo ai lavoratori in cassa integrazione con guadagni a zero ore, poiché il limite di reddito posto dalla delibera potrebbe essere superato lavorando anche solo poche ore».
«Alla luce delle simulazioni - sottolinea Oliviero - emerge che i limiti di reddito introdotti dalla delibera appaiono finalizzati a rimettere in discussione quelle misure che sono state adottate a tutela delle fasce più colpite dalla crisi».
L'intento della Cgil è quello di tutelare le fasce più in difficoltà, furbetti esclusi, in un momento già pesante per spese ed aumenti vari. «Poiché gli effetti della crisi sono sempre più pesanti - scrive la Cgil - chiediamo la modifica della delibera in modo da renderla adeguata a contrastare la condizione di disagio che sta vivendo il mondo del lavoro nella nostra regione».

I sindacati, come del resto lo stesso presidente lombardo Roberto Formigoni, sono anche preoccupati per il destino del servizio sanitario nazionale «già segnato dai continui tagli, e per il quale la ricetta di Monti, che auspica più fondi privati, rappresenta un duro colpo che rischia di mettere in discussione il diritto universale alla salute».

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