I tre candidati della sinistra minacciano di toccare le tasse

Il primo ad arrivare è Umberto Ambrosoli: «Non mi sono ancora abituato ai tempi della politica, dove inizia tutto con mezz'ora di ritardo». Poi negli studi di Iceberg, a Telelombardia, approdano Alessandra Kustermann e Andrea Di Stefano e può partire il confronto tra i tre candidati alle primarie del centrosinistra (si vota sabato prossimo). A punzecchiarsi di più sono Ambrosoli e Kustermann. «Mi sono finanziata con tre happy hour e una cena, nessun aiuto da finanza e poteri forti» dice Kustermann. E Ambrosoli: «Lei attribuisce agli altri le caratteristiche che decide lei». L'avvocato è più battagliero e ne ha anche per Di Stefano: «A volte ha una visione demagogica».
Idee in comune sulle tasse per così dire da rivedere. Di Stefano parla di «esenzione dall'Irpef per i redditi più bassi» ma soprattutto di «un reddito minimo garantito per due anni per chi è senza lavoro». Ambrosoli propone di «ridurre l'Irap» a diverse categorie di imprese, «scaglionare l'Irpef in modo diverso» e lamenta che i cittadini paghino «ticket che vanificano il concetto di gratuità». Kustermann non è d'accordo sul reddito minimo ma vuole «abolire il ticket sotto i 36mila euro di reddito e il ticket del pronto soccorso per i codici verdi». Ma poiché - recupero dell'evasione fiscale a parte - nessuno spiega dove recuperare i fondi necessari per mettere in pratica i progetti, è probabile attendersi un aumento delle aliquote Irpef e dei ticket per tutte le altre categorie di reddito.
I tre sono d'accordo nel criticare la Compagnia delle opere «che ha vinto tutto» (Ambrosoli estende l'opinione negativa a Cl). Uniti nelle critiche a Berlusconi. E, dopo le prossime elezioni, stop ai tecnici, perché il tempo di Mario Monti è finito. Intesa minore sulla priorità assoluta per la Regione. Secondo Ambrosoli è il «lavoro che non c'è» per due milioni di persone, per la Kustermann «la sanità» e Di Stefano segnala «le persone che vivono in condizioni di povertà».
Gonna rossa, stivali e maglia grigia, Kustermann si lamenta scherzosamente del «trespolo» sul quale è seduta insieme ai due ospiti ed elogia l'Expo «opportunità economica fondamentale». Racconta di aver lavorato per pagarsi gli studi: disegnava oggetti per i negozi di Naj Oleari, il marchio idolo dei “paninari” anni Ottanta. Sulla legalità attacca anche il Pd: «Credo che Penati avrebbe dovuto immediatamente di mettersi e mi sarebbe piaciuto che qualunque indagato per fatti gravi e di cui è probabile il rinvio a giudizio si dimettesse per non trascinare con sé nel fango Pd».
Ambrosoli difende il numero di ottanta consiglieri regionali, sfida l'impopolarità dichiarando che il loro «stipendio è tra i più bassi», ma sono «alti i rimborsi e bisogna tornare alla trasparenza per evitare casi Fiorito». Attacca il «faraonismo» di Formigoni che ha voluto palazzo Lombardia. Ma scivola sul commissario Expo. A Di Stefano che chiede le dimissioni immediate del presidente della Regione da commissario, replica: «Piacerebbe a tutti noi ma a nominarlo è stato il presidente della Repubblica» (in realtà è commissario per un decreto della presidenza del consiglio dei ministri).
E veniamo al gioco dei pregi e difetti. Kustermann dice che Ambrosoli è «molto esperto di legalità» però «è di centro».

Ambrosoli riconosce a Di Stefano l'attenzione a temi per i quali «non c'è una sensibilità diffusa» ma lo accusa di demagogia. E Di Stefano apprezza «lealtà» degli avversari ma critica la loro «abitudine a mettere etichette». Fine del confronto.

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