"Immagini sataniche": minacciato di morte il regista gay islamico

Abbas Kazmi denuncia messaggi minatori: "Sfilerò ancora e sarò voce dei musulmani"

"Immagini sataniche": minacciato di morte il regista gay islamico

Minacce di morte e messaggi di odio. Nel mirino Wajahat Abbas Kazmi, il giovane regista di origini pakistane che aveva raccontato la sua storia al «Giornale», pochi giorni fa, alla vigilia della presentazione, a Milano, di «Allah loves equality», un documentario girato in Pakistan e un libro, dedicati a un tema difficile: omosessualità e islam. «Si può essere gay e musulmani?» chiede libro. Wajahat Abbas, ovviamente, pensa di sì. Ne è convinto anche come credente musulmano. Da questa convinzione, e dalla sua storia personale, è nata la sua campagna. E nell'ambito della sua campagna, la partecipazione al gay pride di Milano. Anche quello di sabato, dove Wajahat Abbas si è fatto fo0tografare mentre - tenendo in mano un cartello con i colori dell'arcobaleno e la scritta che dà il nome alla campagna - bacia un ragazzo con una bandiera del Marocco.

Questa immagine non è piaciuta a qualcuno. È stata definita «satanica». E il «Grande colibrì», la associazione di cui fa parte, ha denunciato pubblicamente le minacce: «A seguito delle sue foto circolate online, Kazmi - si legge - è stato vittima di messaggi di incitamento all'odio ed è stato oggetto di numerose minacce di morte in più lingue». «Al momento in cui scriviamo questo comunicato - il testo - la situazione è ancora in corso, le minacce continuano ad arrivare e stiamo consultando i nostri legali e le forze dell'ordine». Il Grande colibrì ha ringraziato «le associazioni e le singole persone che ci stanno offrendo supporto e solidarietà».

Comprensibilmente colpito, Kazmi, e in ansia soprattutto per le persone che erano con lui durante il corteo: «Dopo il Pride, ho ricevuto delle minacce di morte - ha scritto sul suo profilo - Non è la prima volta, ma mi sono preoccupato; sono preoccupato per le ragazze arabe che erano con noi nella foto, sono preoccupato per il ragazzo marocchino con la bandiera del suo Paese, sono preoccupato per altri attivisti de Il Grande Colibrì che portano avanti questa battaglia insieme a me e non mi hanno mai lasciato da solo. Non sono preoccupato per me, anche se in privato, mi stanno dicendo di togliere quelle foto, dandomi del figlio di putta... Mi dispiace di aver messo in pericolo gli altri. Mi dicono che non c'entra nulla il Marocco con questa immagine "satanica", di togliere la bandiera». «Con me c'era il ragazzo marocchino che ha tutto il diritto di portare la sua bandiera al pride e ovunque gli pare». Eppure Kazmi non si lascia intimidire: «Non mi fermo - assicura - Vado avanti, perché ancora una volta avete confermato che stiamo lottando per una causa giusta.

Non smetterò e andrò avanti insieme agli altri attivisti; oggi era solo la bandiera del Marocco, l'anno prossimo porterò le bandiere di tutti i paesi musulmani e diventeremo insieme la loro voce».

Prontamente al suo fianco, oltre a molte associazioni Lgbt, anche la antropologa Maryan Ismail e la scrittrice egiziana Rania Ibrahim.

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