Un imprenditore su tre rinuncia alle vacanze

Tagliano su tutto pur di non succhiare risorse alla loro piccola azienda. Sono pronti a rinunciare all'aperitivo, alla cena fuori, allo shopping, alla palestra e ora anche alle vacanze. Un imprenditore su tre in Lombardia confessa che quest'anno non ci andrà proprio. Resterà in città e terrà aperta la sua attività il più possibile per racimolare qualche soldo in più. Confessa che questa è la rinuncia che gli costa di più. Una scelta obbligata per colpa della crisi. Non solo. Un (altro) imprenditore su tre dichiara che comunque ridurrà il budget a disposizione per l'estate. Risultato: 7 su 10 ammettono di avere tagliato in parte o del tutto sulle ferie. Sono questi i dati della nuova indagine realizzata dalla Camera di commercio di Monza e Brianza che ha circoscritto il campo di osservazione alle famiglie di chi ha una piccola o media impresa. I risultati raccontano una realtà in sofferenza. Dove oltre il 63 per cento degli imprenditori ha dovuto far ricorso al proprio patrimonio personale per fronteggiare la crisi. Tre su 5 tengono duro, danno fondo ai risparmi ma non mollano. «L'imprenditore non vende, tiene con i denti la sua impresa - spiega Renato Mattioni, segretario generale della Camera di Commercio di Monza e Brianza - a costo di buttarci dentro i soldi che ha messo da parte per fare studiare i figli o vendendo la seconda casa». La crisi che non cessa di fare sentire la sua morsa modifica le abitudini degli imprenditori che rinunciano sempre di più al tempo libero, che si fanno poche concessioni, «rinchiudendosi sempre di più fino a vivere in solitudine le proprie difficoltà», commenta Mattioni. Uno su tre esce di meno e guarda più tv oppure naviga su internet e simile. «Andare al ristorante era anche un modo di fare business», spiega ancora Mattioni. Invece ora quasi la metà (il 43 per cento) a cena fuori non va più, e uno su 3 improvvisa menu low cost. Specie tra le donne imprenditrici quasi il 40 per cento ha riesumato la schiscetta a pranzo e il 20% rinuncia a comprarsi un abito nuovo. C'è solo un 10 per cento tra gli intervistati che sorride e scuote la testa: andrà in vacanza come gli altri anni, alle 19 si concederà i suoi happy hour e non taglierà spese. «Tra gli imprenditori c'è stata una radicale differenziazione - puntualizza Mattioni - Prima era un milione di persone in Lombardia che aveva una qualità di vita simile. Magari uno aveva la barchetta e non lo yacht, la casa in Liguria invece che in Sardegna. Ora le cose sono decisamente cambiate».

La maggior parte «da cinque anni è sott'acqua e se non sarà fatto qualcosa per abbassare la marea, riducendo le tasse, defiscalizzando il lavoro, aiutando le imprese tutta questa antica storia imprenditoriale lombarda andrà persa», è l'allarme. Un valore aggiunto non sostituibile da quelle che lui chiama le “imprese della disperazione“ nate da chi molto volentieri avrebbero affrontato il 27 del mese.

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