Incarichi, pressing del Pdl su Mantovani

Sindaco di Arconate dal 2001, terzo mandato grazie alle dimissioni dei consiglieri di maggioranza che gli consentirono di ricandidarsi e vincere con il risultato mostre del 66 per cento, riconferma e seconda legislatura da senatore, consigliere regionale con il maggior numero di preferenze (12.987) che gli sono valse la nomina a vice presidente della Regione con la pesantissima delega alla Sanità che gestisce 18 miliardi di euro all'anno, l'80 per cento di tutto il bilancio regionale. Ma anche coordinatore regionale del Pdl, quella di Mario Mantovani è una bacheca ormai stracolma e testimonianza dell'indiscutibile successo di quello che nel partito viene considerato un fedelissimo falco berlusconiano. Laureato in lingue e letterature straniere, è un imprenditore sceso in politica fin dalla prima ora di Forza Italia ed è lui il luogotenente a cui il 29 gennaio del 2011 lo stesso Cav ha deciso di affidare la successione a Guido Podestà con il delicato compito di tirare le fila del partito in Lombardia. E lui, anche due mandati all'europarlamento che ha lasciato per diventare senatore cedendo il seggio a Iva Zanicchi e un'esperienza al governo come sottosegretario alle Infrastrutture, al partito ha messo mano con una ferrea riorganizzazione della macchina.
Passato indenne dalla batosta rimediata (e attribuita) a Letizia Moratti, Mantovani si è indubbiamente rifatto con la vittoria del centrodestra che ha appoggiato Roberto Maroni. Un risultato politicamente monetizzato con la nomina a numero due in Regione, ma che ha inevitabilmente attirato le invidie di tanti. Prossima la rinuncia ad Arconate e al seggio di Palazzo Madama incompatibile con la sua carica a Palazzo Lombardia, ma il bersaglio grosso è il suo ruolo di coordinatore regionale. Perché ora sono in molti nel partito a mugugnare per un eccessivo accumulo di potere. E non è un mistero che l'ex ministro Paolo Romani sia pronto a subentrargli in un ruolo già ricoperto. Così come non è solo una voce quella di un ritorno di Mariastella Gelmini a cui Angelino Alfano aveva affidato l'incarico di riorganizzare le fila del Pdl al Nord. Ma sembra che sia la stessa Gelmini a preferire incarichi romani. «Mantovani non si dimetterà - assicura un suo fedelissimo - A meno che a chiederglielo non sia Berlusconi in persona».

Mentre sembra che nel partito ci sarebbe già anche dai colonnelli ciellini Roberto Formigoni e Maurizio Lupi un sostanziale via libera all'ascesa di Romani. Ma siccome quella nomina è nelle mani solo di Berlusconi, in viale Monza c'è chi è pronto a giurare che i tempi si allungheranno.

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