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Io, prima fra 4mila presidi costretta a rifare il concorso

Io, prima fra 4mila presidi costretta a rifare il concorso

(...) Con le procedure messe in atto dal Miur, ovvero dall'Ufficio scolastico regionale. Otto ore per ciascuna prova. Controllati e blindati. Dopo quattro mesi so che ce l'ho fatta. Ottimamente.
Il 15 giugno c'è l'orale: oramai sono un'ameba! Per serietà nei confronti dell'Istitutzione nella quale lavoro, non ho mai chiesto un giorno di permesso. Io ho le mie esigenze, ma i “miei ragazzi” hanno l'assoluta priorità. Bene: incasso il terzo 30/30.
Poi l'incubo.
Cento e uno colleghi - ma che brivido scriverlo! - dopo la non ammissione all'orale - solo dopo!!!! - presentano ricorso al tribunale amministrativo regionale. La busta che conteneva i nominativi è trasparente: ohibò! Ci hanno messo quattro mesi per pensarci. E io mi chiedo: perché non dirlo prima? Perché non dirlo subito? A pensar male si fa peccato...
Seguono dodici mesi di calvario, tra avvocati e rimandi del Consiglio di Stato, con l'umore che sale e scende repentinamente come su un ottovolante di un vecchio luna park.
Ieri (giovedì, ndr), 11 luglio, una sentenza che suona come beffa: concorso annullato, a partire dagli scritti, che verranno ricorretti. La sentenza peggiore, che prolunga il nostro limbo e che suona come una presa in giro. Un Monopoli infinito, in cui si va al Parco delle Sconfitte senza passare dal via!
In un'Italia in cui si palpano fatica e sofferenza, forse dovrei tacere. Ma oggi non lo faccio. Plagiando un'affermazione utilizzata in un ben più drammatico contesto, ma che oggi faccio mia... e che Oriana Fallaci mi perdoni!
Oggi mi muovono la “Rabbia e l'Orgoglio”: la rabbia per il calvario passato in cui non si sente profumo di meritocrazia; la rabbia per essere persona ligia, che rispetta una procedura amministrativa, ma che oggi paga per quella.
Ma c'è l'Orgoglio. Perché io quel concorso l'ho superato: e come me persone che hanno sacrificato parte della loro vita, delle loro famiglie, delle loro energie. Perché quest'anno abbiamo fatto gli insegnanti, gli avvocati, i capipopolo, ma non alla Masaniello. Abbiamo cercato di essere persone serie e rispettose dell'amministrazione, della giustizia.
Noi non abbiamo “chiassato”, ci siamo comportati da dirigenti quali siamo e quali ci sentiamo di essere. Ma oggi possiamo solo prendere atto di essere all'interno di un meccanismo “molto creativo” in un Paese troppo affidato all'inventiva del Decisore di turno.
Ora piango per sconforto e stanchezza. E con una grande preoccupazione: come farò a settembre a dire ai miei ragazzi che occorre studiare e impegnarsi, perché il sacrificio paga? Non è meglio introdurre nelle scuole una disciplina del tipo “Sotterfugi, furbate &Co”?
Che amarezza.
Mi scuso con coloro che in questo momento non hanno lavoro, soffrono per malattia o per la perdita di persone care: mi scuso per lo sfogo. Ma non avrei rubato nulla, non avremmo rubato nulla.
Ci siamo presentati a un concorso, con regole rispettate e non fissate da noi.
Tutto il resto è noia.

O Utopia: “L'Utopia figliolo è come l'orizzonte, tu vai avanti di dieci passi e lui si allontana di dieci. Fai due passi e si allontana di altri due.
- E allora a cosa serve papà?
- Per continuare a camminare...”.
Con ossequi».

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