Una prima vita da «enfant prodige» del Pci milanese, la seconda in una giunta di centrodestra, da assessore alla Cultura. Oggi Sergio Scalpelli è un esperto di comunicazione ma non ha perso il vizio (o il «vezzo») di seguire Milano e la sua politica. E ne conosce vita, morte e miracoli.
Allora, che succede a Milano a dieci mesi alle Comunali?
«Il passo indietro di Giuliano Pisapia ha riaperto tutta la partita».
Crede che avrebbe vinto se si fosse ricandidato?
«Non so. Non credo che avrebbe vinto come Gabriele Albertini. Non aveva in tasca i voti per vincere, ma nel centrosinistra avrebbe chiuso la discussione. Che, invece, sarà dirompente».
Ma è stato il sindaco a ritirarsi o il Pd a indurlo ritirarsi?
«Credo che il passo indietro sia suo, spontaneo. Ma, almeno in prima battuta, credo che non sia dispiaciuto affatto a Matteo Renzi».
E ora Pisapia che farà?
«Ora potrebbe essere spendibile come volto di qualcosa che nascerà. Perché nascerà, alla sinistra del Pd».
Ma il centrosinistra può trovare un altro Pisapia?
«L'operazione del 2011 è stata intelligente. Una coalizione arcobaleno, guidata da un grande borghese, avvocato garantista, figlio di un grande giurista socialista. Non ha spaventato nessuno, non era una sinistra alla Varoufakis».
Uno come l'assessore Majorino, nato nel Pds, può portare avanti quest'operazione?
«La sua mossa è intelligente. Se prende il 25-30% alle primarie, si candida a essere una figura di prima grandezza a sinistra di Renzi».
Ma può vincere? Può convincere i centri sociali e i banchieri?
«Direi di no. Alle elezioni vere direi che perde».
E Renzi che deve fare?
«Renzi si gioca molto a Milano. Se perde, viene davvero messa in questione tutta la sua esperienza politica».
E come può vincere?
«Con un candidato renziano che vada oltre i confini del Pd».
Uno come Fiano?
«È il più renziano, ma molto di partito».
Al Pd ci vorrebbe uno come Boeri ma senza la sconfitta del 2010...
«Lo prenderei sul serio, mi pare molto migliorato fra l'altro. Cinque anni fa era ancora radicaleggiante. Ora è più connotato politicamente. Mi sembra un ottimo candidato riformista».
Anche Ambrosoli ha perso nel 2013 con Maroni.
«Sì, ma a Milano ha avuto un gran successo. Credo che voglia fare le primarie. Può rispondere all'esigenza di tenere un pezzo di elettorato moderato».
Il commissario Expo Giuseppe Sala vorrà giocare questa partita?
«Ha una vocazione da manager, non so se sia la sua prima opzione. È il più forte, con Umberto Ambrosoli, per allargare il consenso. Perché il centrodestra sarà compatto».
Come lo vede?
«Silvio Berlusconi e Matteo Salvini stanno ricomponendo una dimensione di coalizione. Un'operazione tipo Venezia sarebbe vincente».
Paolo Del Debbio lo conosce bene. Era assessore con lei.
«Un nome eccezionale, anche per popolarità. È stracompetitivo. Come Corrado Passera».
L'ex ministro può farcela? Ma la Lega lo sosterrebbe?
«Ha capito che come leader nazionale o gli danno le chiavi del centrodestra o non va da nessuna parte. Ma Milano un banchiere lo voterebbe. La Lega avrebbe qualche problema per via del governo Monti ma se Salvini vuol fare il leader nazionale deve far prevalere la politica».
Maurizio Lupi oggi è in corsa?
«Maurizio è un amministratore coi fiocchi, l'attuale sky line di Milano e questa dimensione urbanistica la dobbiamo a lui. Nel 2011 al posto della Moratti avrebbe vinto, ma oggi è in Ncd. È difficile che possano far posto a un piccolo partito».
Ma Milano oggi come è messa?
«Le trasformazioni urbanistiche ed Expo hanno ridato allure alla città, che appare più capitale di Roma, oggi nel suo punto più basso. Milano è una città riformista e liberale. Non chiede molto alla politica. Chiede di essere lasciata in pace. I politici devono solo accompagnare il lavoro della città. Anche il lavoro di Letizia Moratti si è visto soprattutto dopo».
Ma le stangate fiscali arrivate dopo hanno disturbato i milanesi?
«Senz'altro. E il 45% di pressione fiscale è un problema serio. Ma a Milano si è capito, credo, che questa cosa è dipesa in parte dai governi centrali».
Ma lei oggi è solo un osservatore? O ha qualche nostalgia per la battaglia politica in prima linea?
«Sono un osservatore. Mi definisco un ex comunista liberalizzato. Ho grande simpatia per Matteo Renzi e grande nostalgia per il Patto del Nazareno. Mi trovo in una fascia di mezzo in cui stanno tanti milanesi. Stimo molto Boeri e Ambrosoli, ma potrei votare tranquillamente Passera e Del Debbio. In questo momento vorrei sostenere la scommessa di Renzi, ma da qui a 8 mesi vedremo».
Quindi per vincere bisogna convincere uno come lei?
«Direi proprio di sì».
Dirigente migliorista del Pci milanese, poi approdato su sponde liberali, Sergio Scalpelli è stato consulenza editoriale e ha
partecipato con Giuliano Ferrara alla nascita del «Foglio». È stato assessore nella prima giunta di Gabriele Albertini e oggi è responsabile del rapporto con i media di una azienda importante del settore comunicazioni, Fastweb.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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