Irpef, la sinistra s'impantana poi fissa il tetto a 21mila euro

Irpef, la sinistra s'impantana poi fissa il tetto a 21mila euro

Alla fine c'è voluto il sindaco Pisapia con ingresso in aula alle 17.45 per strigliare i suoi, tirare le somme e fissare il tetto di esenzione per l'Irpef. Chiama fuori i capigruppo delle varie anime della sinistra e chiude i giochi: tetto a 21mila euro, ovvero esentati dall'Irpef quasi la metà dei lavoratori dipendenti, il 57 per cento dei pensionati. Avanzeranno 6 milioni di euro che andranno a costituire un fondo per coprire le necessità di chi ha più bisogno, specie per quanto riguarda i trasporti con agevolazioni ad esempio per gli abbonamenti ai pensionati.
C'è voluto il sindaco però a mettere la parola fine a un «gioco» cominciato ieri in tarda mattinata tra lui e i capogruppo di Sel, Pd e Federazione della sinistra, ognuno col suo «tetto» che non quadrava con quello dell'altro. Non quadra a mezzogiorno. Ma neppure due ore dopo quando la riunione si scioglie. E non quadra neppure quando la seduta del consiglio comunale sta per cominciare. L'accordo nella maggioranza non c'è. C'è invece un andirivieni di consiglieri che parlano tra loro, che parlano al telefono, che s'affannano a parlare anche in aula costretti a farsi ostruzionismo da soli. Hanno bisogno di tempo. Tempo che si gioca sul filo dei minuti. «Un blabla messo inscena per coprire il fatto che sull'Irpef non trovano l'accordo e noi dell'opposizione di centrodestra abbiamo ritirato ogni intervento», dice De Corato. Non è troppo lontano da viale Alemagna, Palazzo Marino. Eppure mentre la sinistra fa ostruzionismo a se stessa, poco più in là alle 16.30 il sindaco Giuliano Pisapia, in Triennale per parlare di tutt'altro che Irpef, annuncia con un certo orgoglio: «Abbiamo fatto dei grandi passi avanti. L'idea è di avere una soglia di esenzione significativamente più elevata rispetto a quella prevista dalla giunta. Su questo siamo pienamente d'accordo». «Passi avanti» che dentro Palazzo Marino non sono assolutamente visibili. L'unica cosa su cui è d'accordo tutta la sinistra è che la soglia di esenzione fissata dalla giunta a 15mila euro è troppo bassa. C'è chi chiede di arrivare almeno a 20mila euro e chi si spinge fino a 24mila. Il tempo passa e le posizioni sembrano avvicinarsi anche se non arrivano ancora a toccarsi. «Alla fine si parla di un migliaio di euro - spiega Carlo Monguzzi - che sembrano pochi ma significa che in ballo ci sono 30-40mila persone». «Si stanno muovendo i piani alti», sorride Mariolina Moioli (Pdl) quando alle 17.46 arriva il sindaco che con piglio deciso chiama fuori dalla aula di consiglio Lamberto Bertolè (Pd) e Patrizia Quartieri (Sel). «Non sono neppure capaci di fare opposizione a se stessi però fan pagare sempre più tasse ai milanesi. Da quando c'era la Moratti a oggi oltre all'aumento delle tariffe le tasse sono più che raddoppiate», fa notare. I 21mila di euro di esenzione non sono infatti i 15mila che voleva la giunta ma sono ben lontani dagli attuali 33.500. In sostanza la manovra proposta dalla giunta prevedeva un gettito di 192 milioni, con una soglia di esenzione a 15mila euro. Innalzando la soglia a 21mila euro l'incasso arriverà a 172 milioni. L'idea è di recuperare 26 milioni (13 dall'Imu con l'innalzamento dell'aliquota, altri 13 annullando le progressività). Di questi 20 saranno utilizzati per innalzare il tetto Irpef a 21mila euro e lasciarne 6 da destinare soprattutto ai trasporti. Soddisfatto Bertolé («accordo molto positivo, esenteremo da Irpef e avremo risorse per chi ha perso il lavoro e per gli abbonamenti per gli anziani»).

Soddisfatta la Quartieri («è un buon punto di caduta che tiene conto delle esigenze ma anche delle disponibilità»). Trovata la quadra il consiglio si chiude. Per l'approvazione (e la discussione di 80 emendamenti) se ne riparla lunedì.

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