L’offerta dell’alta moda per comprare la Galleria: «Al Comune 400 milioni»

L’offerta dell’alta moda per comprare la Galleria: «Al Comune 400 milioni»

Come Rodeo Drive o la Fifth Avenue. «Un’icona». La «vetrina delle eccellenze made in Italy e in Milan». La Galleria potrebbe diventare addirittura «una delle sette meraviglie del mondo» (magari l’ottava). Vola alto la Fondazione Altagamma, che dopo l’annuncio ad aprile ha formalizzato e inviato al sindaco Giuliano Pisapia una proposta ufficiale per la valorizzazione della Galleria. In sintesi: il valore del Salotto viene valutato in 800 milioni di euro. Il Comune dovrebbe vendere il 49% delle quote all’asta ad un Fondo immobiliare chiuso della durata di 30 anni, con un ricavo di 400 milioni (una «quota importante verrebbe anticipata quasi subito»), poi godrebbe a regime di circa 35 milioni di euro all’anno dagli affitti, contro gli attuali 180mila euro. Il Fondo attraverso la propria Società di gestione, si farebbe carico anche delle spese di ristrutturazione, intorno ai 180-200mila euro - ragione che ha fatto scendere il valore della Galleria ventilato un mese fa intorno al miliardo di euro -, e col restyling la superficie commerciali passerebbe dagli attuali 20mila a 50mila metri quadri, usando i sotterranei e salendo fino al terzo piano con boutique a sviluppo verticale. Condizione necessaria per aggiudicarsi una vetrina nel Salotto sarà l’acquisto di quote, in proporzione alla superficie e alla posizione. «É molto meglio - sintetizza Armando Bianchini, il segretario generale di Altagamma, la fondazione che riunisce 71 dei principali marchi del lusso italiano - se i partner di minoranza del Comune sono anche i locatari». Altagamma si propone come advisor dell’operazione e il presidente Santo Versace è convinto che concentrare «il meglio del made in Italy nel Salotto» sarebbe «un volano per le esportazioni di quei marchi nel mondo». Non solo moda, precisa. Il piano riserva il 50% della superficie a marche italiane e Ue dei settori moda, gioielleria, cura della persona, il 20% ad arte, cultura, antiquariato, librerie, multimedialità, il 20% a design, arredamento e laboratori artigianali-creativi, il 10% a ristorazione e caffetteria, il 5% a vendita di prodotti enogastronomici italiani. Il giudizio sull’attuale offerta è tranchant, «ci sono ristoranti e bar di dubbia qualità, basso servizio e prezzi altissimi» afferma Bianchini, che confida che il Comune lanci e chiuda la gara entro fine anno (potrebbe incassare e spendere parte dei fondi in parte corrente). Ma lancia una stilettata all’assessore Bruno Tabacci, e si unisce Versace che pure è vicino di banco dell’onorevole Api a Roma: «Volevamo che l’operazione restasse riservata per presentarla con il Comune, ma c’è chi ha voluto prendere il pallino in mano e gestire la nostra comunicazione anticipando le notizie ai giornali».
Che fine faranno le botteghe storiche? «Pacta sunt servanda, i contratti in vigore non saranno toccati fino a scadenza». Ma «al termine verrà proposto un nuovo contratto» ovviamente al rialzo, «non necessariamente nella posizione occupata e condizionato all’acquisto di quote del fondo». Tradotto: patrimoni come la Libreria Bocca scompariranno? «Se il Comune continuasse a mettere a gara gli spazi a chi paga di più il rischio è che la Bocca ma anche la Rizzoli scomparirebbero, nel nostro piano con le percentuali indicate ci può essere un mix equilibrato tra marchi che realizzano grossi fatturati e possono pagare canoni più alti, come Prada, e compenseranno attività storiche che non se li possono permettere». Ma «abbiamo il dovere che i beni pubblici rendano il massimo vantaggio alla collettività».

Dunque alcuni negozi potrebbero essere ricollocati in posizioni meno appetibili. E Altagamma non ci gira intorno, i marchi cheap che rescinderanno in anticipo il contratto avranno delle ricche buonuscite. Il Salotto dei ricchi è in costruzione.

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