«Il sovranismo è un delitto, non un errore». L'allarme del presidente di Assolombarda risuona forte e netto al teatro Franco Parenti. Un allarme meditato e ponderato, inserito nero su bianco anche nell'intervento che Carlo Bonomi ha scritto per la presentazione di «Il valore dell'Europa», il libro bianco che gli industriali milanesi hanno realizzato con le università di Milano e Pavia in vista delle elezioni europee.
È chiaramente europeista il messaggio che viene fatto recapitare alla politica. Descrive l'Europa come «un valore maggiore della somma dei singoli Stati», un bicchiere da vedere «mezzo pieno» a dispetto degli umori nazionalisti e protezionisti. «Il ritorno al sovranismo, con la chiusura delle economie, lo ritengo non un errore ma un delitto» ha detto Bonomi, e lo ha fatto - a tre settimane dal voto - nel contesto di previsioni elettorali continentali per le quali - come ha aggiunto nel suo intervento - «non saranno i sovranisti ad avere la maggioranza nel Parlamento europeo», ma «già partecipano al governo in undici Paesi. E la loro voce si rafforzerà».
Spiegando il suo monito, Bonomi ha precisato di voler restare fuori dalla contesa della politica, per «evitare di essere strumentalizzato». E ha ammesso che a volte le risposte dell'Europa non sono state adeguate, in particolare dopo la crisi. «Credo che l'Europa avrebbe dovuto rispondere con politiche comuni e invertire il paradigma dell'Europa» ha detto, da «stabilità che determina crescita» a «crescita che determina stabilità». «Se vogliamo uscire dalla crisi bisogna farlo poggiandosi sull'export e non chiudendo le frontiere economiche».
«La nostra manifattura è molto interdipendente con l'Europa - ha ricordato il presidente - ci sono undici regioni italiane che hanno un tasso di interdipendenza superiore al 20% e queste valgono da sole l'80% del valore aggiunto industriale italiano». Inoltre, ha aggiunto, «il commercio mondiale sta frenando, e di questo noi siamo vittime. Non avremmo nessuna possibilità di fare meglio se ci cullassimo nell'idea di dimenticare questa interdipendenza e pensassimo di tornare a fare da soli. Troppo spesso ci dimentichiamo cosa abbia rappresentato l'abbattimento dei dazi interni e le quattro libertà fondamentali di libera circolazione, delle persone, dei beni, dei servizi e dei capitali».
Un discorso di prospettiva, condotto da imprese interessate alla crescita del Paese, voci prive di mire politiche ma anche libere di dare giudizi sulle scelte politiche. «I provvedimenti che vengono messi in campo come Quota 100 e il reddito di cittadinanza - ha detto Bonomi - non fanno ripartire la domanda interna dell'economia».
E il monito di ieri, idealmente, fa seguito a quelli lanciati nei mesi scorsi sulle infrastrutture e sull'economia, soprattutto il 19 ottobre, quando dall'assemblea della Scala, Bonomi smontò il «bluff» della manovra giallo-verde. E prima ancora, nei primi giorni di ottobre, alla presentazione del libro su «Fisco, imprese e crescita». Erano giorni in cui teneva banco quel 2,4% deficit-pil sembrava non tener conto delle ripercussioni finanziarie di una nuova espansione del debito pubblico.
«Sfidando i mercati ci facciamo male da soli», disse allora il presidente, mettendo in guardia: «Dobbiamo fare le cose non perché ce lo chiede l'Europa ma perché sono nel nostro interesse, ma le dobbiamo fare all'interno dell'Unione Europea».
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