L'Antitrust apre le corsie a Uber

L'Antitrust apre le corsie a Uber

Si chiude una porta e si apre una finestra per Uber. L'Antitrust, l'autorità che dovrebbe garantire la libera concorrenza, è intervenuta nel dibattito sul trasporto pubblico affermando la necessità di superare alcune norme che regolano il servizio. Due soprattutto i punti all'ordine del giorno: l'obbligo di ricevere la chiamata in rimessa e il legame tra licenza e territorio.
Fino ad ora tassisti e noleggiatori con conducente dovevano rispondere ai clienti da una rimessa e allo stesso modo erano obbligati ad avere la residenza della persona o della società nel comune di residenza. E, soprattutto il primo punto, era una delle regole a cui sfuggiva Uber e che ha motivato molte delle proteste dei tassisti. Se si eliminasse questo limite, le istanze di Uber e delle altre applicazioni avrebbero segnato un punto a loro favore.
Se nella società americana staranno stappando le bottiglie, non altrettanto si può dire del mondo dei tassisti: c'è chi ha già ipotizzato, come il blog delle auto bianche milanesi, la creazione di nuove compagnie di taxi libere dai mille vincoli a cui sono sottoposte ora. Motore scatenante dell'idea è il pronunciamento della corte inglese che ha stabilito, semplifichiamo, che gli smartphone non sono tassametri e quindi non c'è bisogno di regolamentazioni particolari. Nè di sanzioni.
A Milano però il clima è piuttosto teso. «Petruzzella fa un ragionamento cervellotico perchè l'idea di innovare non ci è mai dispiaciuta, ma bisogna agire preservando gli equilibri raggiunti per evitare che si scateni una guerra dei cent'anni - ha spiegato Gegè Mazza, del radiotaxi 69-69 - lui farebbe bene a prendersi un consulente in materia di trasporti visto che sembra che non abbia le competenze e che è a capo dell'autorità che dovrebbe vigilare sul settore: altrimenti si rischiano situazioni come a Roma dove dal 2008, quando hanno sostanzialmente equiparato Ncc e taxi, ogni volta che si incrociano si rischiano guai grossi». In effetti la nuova legge ormai è già vecchia se guardiamo alle date: la 21/92 che regolava il trasporto pubblico fu riformata da Pierluigi Bersani quando era ministro del governo Prodi, ma la sua applicazione è stata prorogata di anno in anno per le grande proteste dei tassisti. Dal 2008, quando Uber non era nemmeno stata fondata, si è andati avanti senza affrontare il problema e ora siamo ai ferri corti. Tra l'altro il tentativo di riordinare il settore non dispiacerebbe a nessuno. Anche Francesco Artusa, rappresentante degli Ncc, non si è espresso in maniera completamente negativa sul provvedimento. Non mancano però gli argomenti da discutere, a cominciare dal fatto che al Ministero hanno parlato prima con app che hanno un numero risicato di clienti che con chi lavora da anni sul territorio.


La discussione va avanti sperando che la tensione sempre più alta che si respira per le strade non esploda in malo modo. Se accadesse qualcuno potrebbe dire «ve l'avevamo detto». Sarà però una magra consolazione perchè l'emergenza era sotto gli occhi di tutti. E si poteva evitare.

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