L'autunno caldo dei teatri

Ecco che cosa offrono i titoli delle stagioni più interessanti Omaggi a Shakespeare, Brecht e Strehler. I 40 anni dell'Out Off

La capitale italiana del teatro sta alzando i sipari sulle nuove stagioni. Numi tutelari Shakespeare, Strehler e Brecht. Quest'ultimo ispira la rassegna in corso al Parenti, prima di tornare al Piccolo in primavera con «L'opera da tre soldi» (regia Damiano Michieletto), edizione a 60 anni dalla morte del drammaturgo tedesco, che Strehler incarnò nella cultura teatrale italiana. Gli scritti di Strehler, un pozzo di San Patrizio, ispirano «Non chiamatemi maestro», di Corrado d'Elia, al Libero, dove ieri è stato presentato il libro di Clarissa Mambrini, un ritratto del fondatore del Piccolo da cucciolo (per scomodare Dylan Thomas). E Shakespeare? Lo tirano giù dall'Olimpo al Filodrammatici. «Ne seguiamo la logica di dare spazio a nuovi drammaturghi. Un modo per guardare la società contemporanea, come faceva il Bardo ai tempi suoi», hanno detto con orgoglio in conferenza stampa. C'è presunzione al Filodrammatici? Ma no, solo tanto amore per il teatro e passione per il lavoro fatto bene, come dimostra l'idea di «Con-testo», sorta di X-Factor applicata al sipario, format adottato pure a Copenaghen. Siccome il teatro è specchio (deformante o informante?) della vita, luogo necessario per guardare dentro noi stessi e sbrogliare i nodi della società, ecco dal domani «Illecite visioni», rassegna di teatro omosessuale ospitata dal Filodrammatici. Per segnalare ancora qualcosa dalla «sporta» della sala dove si formò Mariangela Melato, diciamo che le leggi dell'ospitalità riguardano due teatri che qui saliranno in palcoscenico con «La palestra della felicità» di Elena Russo Arman (dall'Elfo Puccini) e «La nave fantasma» di Renato Sarti (ogni riferimento ai barconi dei migranti è fortemente voluto), in viaggio dalla Cooperativa.

La ricchezza teatrale si vede dall'offerta che punteggia la mappa urbana: a Milano uscire di casa per godersi uno spettacolo ogni volta diverso non è fatica sprecata. Può capitare di raccogliere il «fiore raro» di cui la critica parlava quando, a Parigi nel 1953, spuntò in sala «Aspettando Godot», dell'infinito Beckett. Ogni teatro cerca di offrire fiori rari. Lo sarà «Casa di bambola» di Ibsen, regia di Andrée Ruth Shammah, interprete Filippo Timi (sacra icona di via Pier Lombardo)? Probabile, vista l'energia positiva che pervade il Parenti, dove fino all'11 ottobre si ride con «Peperoni difficili», testo e regia di Rosario Lisma.

C'è un teatro, in via Mac Mahon, che festeggia 40 anni: l'Out Off. Là i fiori rari non sono così rari. Autori frequentati, Dostoevski, Puskin, Pinter («L'amante», diretto dal regista di casa, Lorenzo Loris), James. E attenzione alle figure femminili nel progetto di Elena Arvigo: Anna Politkovskaja («Donna non rieducabile») ed «Elena di Sparta».

Al Piccolo, che affronta la prima stagione senza Luca Ronconi, ritorna «Odissey» di Bob Wilson. Perché al teatro si può applicare la definizione che Salustio diede del mito: «storie che non avvennero mai, ma sono sempre».

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