Cronaca locale

Quella Lavagna dove scrivere memorabili luoghi e piatti

Conosciuta per l'ardesia dai romani e citata da Dante. Al ponte sulla Aurelia i Fieschi esigevano il pedaggio

Quella Lavagna dove scrivere memorabili luoghi e piatti

Lavagna è un termine che è nella nostra storia. La cittadina che visitiamo in questo weekend, deve la sua notorietà alla sua lunga spiaggia strappata allo scoglio della Riviera di Levante e all'ardesia (lavagna, appunto) che si scava nel suo entroterra. In Liguria l'ardesia è stata sempre utilizzata per la copertura delle case ed era già conosciuta dai Romani. Non si sa se fu il paese a ricevere il nome dall'ardesia o viceversa. Lavagna è anche il nome del corso d'acqua che, fondendosi con il Penna forma l'Entella. La «fiumana bella», secondo Dante e pure il nome di una vecchia azienda di trasporto locale, divide Chiavari da Lavagna. Arriviamo percorrendo il Ponte della Maddalena, conosciuto nel Medioevo come «ponte de mari». Faceva parte della via Aurelia storica e venne costruito inizialmente in legno. Ugo Fieschi lo rifece a sue spese con tredici arcate in pietra nel 1210 e la sua celebre famiglia mantenne il diritto di pedaggio fino alla metà del Quattrocento. Per gli 800 anni del ponte, nel 2010, i lavori di recupero e la nuova illuminazione hanno permesso di rivivere il fascino dell'antico attraversamento.

Arrivando con la A12, invece, proprio accanto allo svincolo autostradale sale una strada tra gli ulivi che porta alla Bilaia, l'agriturismo di Paolo Passano. La sua famiglia ha fatto fortuna con la ristorazione in Ecuador. Dopo la laurea in Scienze Gastronomiche a Pollenzo, nel 2013 Paolo ha aperto la Bilaia, dove coltiva l'orto e alleva animali. Parte dei suoi prodotti li vende, parte li cucina. Godendo di una vista sensazionale assaggiamo spuma di orata con acciughe salate di Sestri Levante, ravioli «mal di schiena» fatti a mano con cinque erbette dell'orto; umido di coniglio con olive e pinoli su crema di ceci.

Conigli, pollame, selvaggina li troviamo da Gastrini, negozio specializzato nel genere, mentre l'Enoteca Monna Bianca, nel centro storico, offre una buona selezione di vini italiani e stranieri, birre artigianali, distillati e alcuni eccellenti prodotti Liguri (ma non solo). La Torre del Borgo è stata per secoli la costruzione forse più importante della cittadina. Con la sua altezza massiccia dominava tutte le case circostanti. Venne costruita con materiali riciclati (non è stato inventato negli ultimi anni): pezzi di pietra di ogni tipo e dimensione, mattoni interi e rotti, sottili lastre d'ardesia, cocci. Alta 13 metri, quattro piani, ha avuto vari proprietari, ora appartiene al Comune che l'ha restaurata. Merenda alla panetteria Acqua e Farina con biscotti, torte farcite, crostate e tanto di più. All'ora di pranzo, anche piatti da asporto.

A questo punto saliamo sulla splendida collina di Santa Giulia. Prima tappa l'azienda agricola Orseggi. Dalle 2.400 piante di olivo, Silvio e Federica Raggio producono un olio superbo, cultivar Lavagnina e Razzola, che ha profumi erbacei e di carciofo. In vendita altri prodotti dell'orto e dell'uliveto. La Chiesa Santa Giulia, a 250 metri sul livello del mare, è ombreggiata da un leccio secolare. Dal suo piazzale lo sguardo, in giorni limpidi come questi, arriva alla Corsica. L'attuale chiesa, in barocco ligure, a una navata, ornata di splendidi marmi è stata costruita nel 1654, ma già nel 760 esisteva una cappella, probabile cella monastica del Monastero di Santa Giulia di Brescia, cui forniva olio e vino per la messa. Proprio accanto alla chiesa, il ristorante Belvedere, nomen, amen, ospita i clienti su un bellissimo terrazzo. Qui c'è una cucina ligure di tradizione, tra mare e terra, dagli antipasti di pesce e alla carne e ai funghi.

La varietà della proposta lavagnina si completa con un ristorante giovane in ogni senso, Impronta d'Acqua a Cavi. Una sfida che Ivan Maniago, cuoco friulano, ruvido quanto basta, sta vincendo, conquistando la clientela ligure. Il suo ultimo domicilio era all'Antica Corona Reale dei Vivalda, a Cervere. La sua cucina colpisce per la ragionevole sintesi di invenzione e solidità con prodotti di mare e di terra (molta selvaggina) che vanno dalla terrina di cinghiale in salmì, corbezzoli e gin allo spaghettone «Benedetto Cavalieri», ricci di mare, zafferano e thè, dal risotto «Riserva San Massimo» crema di prezzemolo, erbe e lumache al baccalà fondente, estratto di finocchio, arancia e olive candite. Tutto delizioso.

Da scrivere sulla lavagna.

Commenti