«Lupi? Come si fa a sostenerlo?». «Io? Ci stiamo ragionando». Un decisionista come Matteo Salvini, quando si parla di Milano, dev'essere combattuto fra le ragioni del cuore - è la sua città - e quelle del calcolo politico. Così, per quel che lo riguarda personalmente, oscilla da tempo fra la voglia di esserci - e di combattere la battaglia di Palazzo Marino 2016 - e il razionale calcolo che lo induce al contrario a disimpegnarsi, per giocare invece le carte sue e della Lega su un tavolo tutto nazionale, quello della sfida all'altro Matteo, Renzi.
Ieri il leader leghista è tornato «possibilista». E ha risposto così alla domanda sulla sua possibile candidatura a sindaco: «Vediamo, l'estate è lunga- ha detto alla “Zanzara” di “Radio 24” - stiamo ragionando con diverse persone che amano Milano, ma lo farei solo per il gusto di far andare qualcuno fuori dall'Italia. Tutti quei benpensanti di sinistra che dicono: se arriva Salvini me ne vado dall'Italia. Ecco, mi candiderei solo per questo, per il gusto di mandarli a lavorare fuori». Pochi dubbi, invece, su un'altra possibile candidatura, quella di Maurizio Lupi, che è stata caldeggiata da Roberto Maroni in un'intervista al «Giornale». Anche Lupi, oggi capogruppo alla Camera del Nuovo Centrodestra, è un milanese «doc», di Baggio. E non ha mai nascosto (o meglio, non è mai riuscito a nascondere) l'ambizione di tornare da sindaco nella città che lo ha visto esordire prima come consigliere comunale della Dc nell'era di Marco Formentini, poi come assessore di Gabriele Albertini. Lupi a marzo è stato indotto a un concitato addio al ministero delle Infrastrutture; una decisione dettata - si disse - dalle pressioni democratiche, e di Renzi in persona, in seguito al caso «Grandi opere» che - va detto - non lo vedeva neanche indagato. Per Salvini, il vero limite di Lupi è la partecipazione al governo Renzi. E alla domanda se la Lega lo appoggerebbe, il segretario infatti risponde con un no secco: «Lupi? Come faccio a sostenere qualcuno che sta con Pisapia e sta ancora nel governo Renzi». Il no di Salvini a Lupi fa emergere una divergenza nei rapporti interni alla Lega fra la linea del segretario federale e quella del governatore lombardo. Era stato infatti Maroni - come detto - a fare il nome di Lupi, precipitandolo nuovamente alla ribalta delle cronache politico-elettorali dopo un periodo di volontario oscuramento. Il governatore aveva parlato del capogruppo Ncd come di una «persona che stimo e che mi piacerebbe rientrasse nella rosa dei candidati». Un'opinione molto diversa, dunque, probabilmente dettata anche dalla particolare visuale di Maroni, che con il Nuovo centrodestra governa la più importante Regione italiana.
Intanto, lo stesso perentorio «no» viene riservato, da Matteo Salvini, a un altro candidato, questa volta non ufficioso ma ufficiale: Corrado Passera, prima manager poi ministro delle Attività produttive e oggi fondatore del movimento «Italia Unica».
Passera ha dichiarato la sua intenzione di correre per la poltrona di sindaco nella sua città adottiva (è originario di Como) sfidando sia il Pd sia la Lega. In seguito il veto sul Carroccio si è ammorbidito ma l'amore non è mai scoppiato. Reciprocamente. «Passera? No, no - ha detto Salvini alla Zanzara - È stato ministro nel governo Monti, ha votato la legge Fornero».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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