Cronaca locale

La legge della Comasina. Così i Flachi gestivano fumo, coca e kalashnikov

In manette in tredici, anche il nuovo boss Davide "Fox", figlio di Pepè: cosca azzerata

La legge della Comasina. Così i Flachi gestivano fumo, coca e kalashnikov

«La mia famiglia è morta trent'anni fa», dice Massimiliano Batti in una intercettazione, e non è un modo di dire. Perchè l'operazione della Guardia di finanza che ieri spedisce in carcere tredici persone riporta indietro di trent'anni (trentadue, per essere precisi), quando l'intera famiglia dei Batti venne sterminata. Massimiliano Batti aveva appena quattro anni quando vennero ammazzati prima suo padre Ciro e poi suo nonno Francesco. Suo zio Salvatore, che era il vero bersaglio, andarono a scovarlo a Napoli. Lo crivellarono, e così finì l'ultima guerra di mafia a Milano.

«Io mi sono sempre fatto i cavoli miei», dice Batti in un'altra intercettazione, mentre riceve e passa pacchetti di cocaina. Non è esatto: è andato più in là, ha considerato chiusa la vecchia, sanguinosa faccenda, e si è messo in affari proprio con l'erede di quelli che gli avevano ammazzato mezzo albero genealogico: i calabresi della Comasina, la nuova generazione dei Flachi. Nel '92 fu il leggendario Pepè Flachi a dare il via (a malincuore, si narrava all'epoca) all'eliminazione dei Batti, con cui pure aveva mosso i primi passi e che pure con lui si erano imparentati, avendo sia Pepè che Ciro sposato una Tenace. Ma gli avevano invaso il territorio e soprattutto le rotte di approvvigionamento, e questo non si poteva accettare.

Pepè è morto quest'anno, gravato dal cancro, dal Parkinson e dagli ergastoli. Ora si scopre che negli stessi mesi in cui il vecchio boss si avviava alla fine, suo figlio Davide tirava le fila della versione 2.0 del business storico di famiglia: droga, armi, estorsioni, col pugno di ferro dato dal cognome e dai metodi: e da quel soprannome, «Gigante», frutto della schiatta più che della statura. Quando Davide «Fox» Volpe, uno dei clienti-compari, tarda a pagare 14mila euro di hashish, ecco il linguaggio di Flachi: «É già tanto che entri in Comasina, ma io ti taglio la testa e te la faccio volare».

Unica aggiunta alle vecchie passioni di famiglia, l'affare delle truffe alle assicurazioni: i clan di una volta avrebbero storto il naso, roba da guappi di paese. Invece anche da lì i soldi entrano, grazie anche ai buoni uffici di un altro accolito, quel Francone Terlizzi reso brevemente noto dalla partecipazione all'Isola dei Famosi. A fregare Flachi junior e gli altri, alla fine, è stato un eccesso di fiducia nelle diavolerie tecnologiche che dovevano rendere sicure le loro conversazioni: SkyEcc, fornita da una azienda canadese ma «bucata» dall'Europol già a marzo 2021, e i più coriacei telefoni Xrypt. Ci contavano così tanto da non avere prudenze, si scambiavano foto e commenti di armi spaventose, arrivate da est e piazzate sul mercato italiano: con Flachi che descrive così una partita di kalashnikov, «me li porta un amico slavo me ne arrivano cinque, questo ci porta tutto quello che vogliamo.. Frà, spettacolo, sono lunghi 45... lo conosco da piccolino, è un amico di mio padre». L'amico: «Minchia, fra', uno per me». E Flachi, superstizioso come un vero boss: «Mi dai quello che vuoi, perchè sai che queste cose regalate portano iella».

Sono all'altezza dei padri, degli zii? Forse no, fortunatamente. Ma sono svegli, operativi. «Ho il fumo fermo in Marocco, devo portarlo in Spagna per poi portarlo qui, sono dieci casse», si lamenta Flachi. Trenta chili per cassa, 400 euro al chilo, il conto è presto fatto. Come i capostipiti sanno che per vivere sereni serve anche qualche amico dall'altra parte, negli apparati dello Stato. Nelle intercettazioni finisce un numero intestato al ministero degli Interni, dipartimento della polizia. Nella stazione dei carabinieri di Affori c'è un ex maresciallo, Cosimo Caputo, che fa i salti mortali per la banda, tutte le denunce di falsi incidenti per imbrogliare le assicurazioni passano da lì. E persino alla Dia, il cuore delle indagini antimafia, c'è un ispettore che tiene aggiornati in diretta sugli sviluppi delle indagini.

Per questo il pm Gianluca Prisco decide di fare scattare i fermi senza aspettare i tempi del tribunale, qualche microspia è stata trovata, la talpa alla Dia può rovinare la retata. «Si tratta - scrive - di soggetti che appartengono a organizzazioni criminali radicate sul territorio che possono contare su una vasta rete di fiancheggiatori».

All'alba di ieri, il bliz.

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