Cronaca locale

"Libertà agli infermieri per curare meglio fuori dagli ospedali"

Giulio Gallera, presidente della commissione regionale Programmazione e Bilancio, spiega la sua proposta di legge "Così potenziamo la medicina territoriale"

"Libertà agli infermieri per curare meglio fuori dagli ospedali"

Giulio Gallera, presidente della commissione regionale Programmazione e Bilancio e assessore alla Sanità durante la pandemia, ha appena presentato un progetto di legge sulla «Valorizzazione delle figure dell'infermiere»: ci spiega le implicazioni per il sistema sanitario?

«Dopo due anni che non mi occupavo di sanità ho deciso di redigere questo progetto di legge che è la logica prosecuzione del mio lavoro da assessore: mi sono occupato di dare attuazione al passaggio dalla logica della cura al prendersi cura. Secondo questo nuovo paradigma il malato non deve essere considerato solo nel momento acuto, quindi dell'ospedalizzazione, ma va accompagnato in un percorso. Oggi chi pesa di più sul sistema sanitario sono i pluripatologici, ovvero cittadini anziani che hanno bisogno di più specialisti: o c'è qualcuno che li coordina, oppure queste persone sono abbandonate a se stesse con tutti i problemi che ne derivano».

Questo è l'aspetto della medicina territoriale, la sua proposta di legge istituisce anche la figura del direttore assistenziale...

«È quella figura che deve coordinare gli infermieri dentro l'ospedale, ma anche sul territorio. In ospedale bisogna valorizzare i percorsi di presa in carico di un paziente anziano che viene ricoverato, quando viene dimesso c'è bisogno di qualcuno che si occupi di attivare l'assistenza domiciliare integrata, la riabilitazione, trovare una badante. Siccome anche nella riforma fatta a novembre dalla Regione i medici di medicina generale e gli infermieri sono in capo all'Asst, è chiaro che la figura del direttore assistenziale diventa strategica».

La legge, all'articolo 3, tocca anche il tema della libera professione....

«Diamo all'infermiere la possibilità di lavorare anche al di fuori delle 8 ore, in una Rsa o a domicilio, è un modo per valorizzare questa figura».

Questi aspetti rendono più appetibile la professione di infermiere a fronte della mancanza di 9.500 operatori in Lombardia

«Sì perché valorizzano la figura dell'infermiere che sempre di più deve essere il regista del paziente, acquisendo competenze importanti come interloquire con i professionisti, discutere con la famiglia, trovare un posto letto nella riabilitazione. E poi acquisisce un ruolo apicale perché un infermiere o un altro rappresentante delle professioni sanitarie entra nella direzione strategica dell'Asst al pari di direttore sanitario o del direttore amministrativo. Infine rende più remunerativo il lavoro, con la possibilità di esercitare la libera professione».

In consiglio regionale è depositato un disegno di legge sulla figura del direttore assistenziale a firma Pd...

«La mia proposta di legge è più ampia perché regola la libera professione e la figura del direttore assistenziale».

Ha l'appoggio di una parte dell'opposizione?

«Noi l'abbiamo presentato a nome di Forza Italia, ma a settembre quando il PdL andrà in commissione ne discuteremo con l'opposizione. Mi immagino che alla fine ci sarà una condivisione unanime di tutto il consiglio».

Nella revisione della legge 23 ci sono dei punti che andrebbero rivisti o dei buchi, soprattutto nell'ottica del potenziamento della medicina territoriale?

«Di fatto la legge innovativa era la legge 23 del 2015 che cambiava un po' i parametri, passando dalla cura al prendersi cura, dall'ospedale al territorio. La legge di novembre di fatto non fa altro che prendere i soldi del Pnrr e metterli a terra. Quello che manca sostanzialmente è un ragionamento di insieme: questo progetto di legge serve a riempire di contenuti lo sforzo di rafforzare il territorio e la presa in carico dei pazienti. La sfida è portare a livello nazionale molti temi, come le competenze del medico di base o l'introduzione della libera professione. Noi introduciamo un concetto, mutuandolo da una legge nazionale che durante la pandemia dava la possibilità agli infermieri di fare prestazioni aggiuntive solo per le vaccinazioni. La nostra norma vuole essere un messaggio politico: tutti dicono che bisogna rafforzare la medicina territoriale, ma per farlo bisogna riscrivere le regole».

Dopo una pausa torna a occuparsi di sanità...

«La sanità ormai mi è entrata dentro: ho fatto l'assessore cercando di entrare in ogni singolo aspetto della materia. Finito il turno di guardia, mi sono occupato d'altro. Oggi torno perché è troppo importante l'obiettivo che abbiamo in campo, ma sono preoccupato per il rischio di vanificare tutto: vedo che c'è una grande voglia di fare, ma non si fa bene. Le regole non sono stringenti, nè i cambiamenti obbligatori. Oggi avremmo bisogno di riscrivere la legge che ha istituito il sistema sanitario nazionale e universalistico: servono nuove strategia e regole».

Se Fontana, ammettendo che sia lui il candidato del centrodestra, dovesse vincere le piacerebbe rifare l'assessore alla Sanità?

«Mi ricandiderò alle Regionali, vediamo se otterrò il consenso dei cittadini. Detto ciò, dove potrò mettere a frutto la mia competenza, lo farò».

Il suo libro, «Diario di una guerra non convenzionale» è andato in ristampa: racconta l'esperienza da assessore nell'anno del Covid.

«Da un lato l'obiettivo era fare un'operazione verità rispetto a una narrazione completamente distorta e fatta per screditarci, dall'altro volevo provare a far capire il contesto e le motivazioni con cui abbiamo assunto certe decisioni che hanno aiutato a salvare vite, non il contrario».

Siamo in un'ondata estiva di Covid, come vede la situazione?

«Abbiamo imparato che il Covid non lo governa nessuno, ma oggi ci sono toni eccessivi. Grazie ai vaccini e al fatto che queste varianti sono molto meno aggressive, siamo in una situazione lontana anni luce dal 2020. Noto toni troppo allarmistici e terroristici: imporre le mascherine in spiaggia o vietare il concerto dei Maneskin mi sembrano stupidaggini.

Siamo gli unici a parlare di Covid in Europa».

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