E' la Spoon River delle librerie indipendenti. A Milano, capitale dell'editoria, le librerie, una dopo l'altra, chiudono i battenti in silenzio. Largo Mahler, Libri e Caffè in Cinque Giornate, la Rugabella, Archivi del 900, la ex-Cuem, l'elenco è lungo. Cinquanta le librerie indipendenti lombarde che hanno dovuto svendere la merce e chiudere bottega nell'ultimo anno. Certo c'è la crisi, certo ci sono gli e-book, certo Amazon ha prezzi imbattibili e recapita il volume richiesto a casa. Ma se in questa moderna Spoon River compare anche il nome della Pecorini, libreria per palati fini, allora deve esserci dell'altro. Se la Libreria Pecorini, che è un pezzetto di storia meneghina, se ne va, non siamo tutti incolpevoli. «Non arrivo a fine mese: se non succede un miracolo dovrò chiudere». Affranta, parla Lalla Pecorini, titolare della grande libreria di Foro Bonaparte, un posto che tutti i bibliofili ben conoscono. La libreria nasce grazie all'entusiasmo del padre Osvaldo che, a metà degli anni Cinquanta, è capace di girare con la macchina piena di libri per promuoverli e distribuirli. Insieme a Lalla, che ai libri ha dedicato tutta la vita (e tutti i suoi denari), Osvaldo ha fin da subito puntato dritto su editori di qualità: Scheiwiller, Il Polifilo, Ricciardi, Leo Olschki, tanto per intendersi. Intanto la libreria, a un passo dal Castello, con le sue sale eleganti, le teche con i libri preziosi ma anche le ultime edizioni di qualità, soprattutto con la competenza di Lalla e dei librai che sono tali e non venditori di libri, diventa un punto di riferimento per i collezionisti milanesi e per i buoni lettori. Lalla conosce tutti, è donna attiva: s'impegna anche per promuovere la musica rinascimentale barocca, organizza corsi, incontri. Attenta alle pubblicazioni d'autore sulla nostra città, Lalla Pecorini si è meritata riconoscimenti, persino un master dall'Università Cattolica. La Camera di commercio due anni fa le ha conferito il premio Milano Produttiva per 54 anni di «lodevole attività».
E ora? «Ora si chiude. Sono esposta con i proprietari dello spazio e con i fornitori: se non succede un miracolo, dovrò chiudere la libreria. Terrò il magazzino per la distribuzione, poi vedremo». Il miracolo in cui spera Lalla, capelli candidi e sorriso dolce nonostante l'inquietudine, è «un socio, qualcuno che voglia investire il suo capitale e rilanciare il progetto. Ma non lo chiamerò più libreria, ormai questo nome porta male. Penso a un laboratorio per i libri e la musica».
E' schietta Lalla e parla senza mezze parole: critica BookCity («che non ha fatto alcun bene alle librerie della città»), gli editori-librai («sono i primi ad aver drogato il mercato»), gli editori. «Da anni le librerie sono vittime dell'arroganza degli editori che impongono e pretendono l'acquisto in conto assoluto sia dell'ordinato sia delle novità, con spese sempre a carico del libraio e l'obbligo di esigere l'autorizzazione alle rese con accrediti a lunga scadenza».
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