In un libro la storia di un giornalista che ha fatto la storia

Dalle carte d'archivio gli insegnamenti, i racconti e i retroscena di Paolo Murialdi

In un libro la storia di un giornalista che ha fatto la storia

A Milano esistono istituzioni, in particolare private, che svolgono un'attività culturale esemplare, ma sconosciute al grande pubblico. Così come esistono grandi milanesi - di nascita o di rinascita - che hanno dato molto alla città, e non sempre sono ricordati quanto meritano.

Bene. Ecco l'occasione per dare visibilità alle une e merito agli altri. Lunedì la «Fondazione Mondadori» - che quest'anno ha quarant'anni di vita: è nata nel 1979 per volontà degli eredi di Arnoldo e Alberto con la missione di conservare la memoria del lavoro editoriale della famiglia, cioè la Mondadori e il Saggiatore, ma non solo - dedica una giornata a un grande giornalista, Paolo Murialdi (1919-2006), genovese ma che visse e lavorò a lungo nella capitale dell'editoria. A cento anni dalla nascita, sfruttando i nuovi materiali donati dalla vedova, Cristina Janesich Murialdi (e che completano il ricco archivio di Murialdi già presente alla Fondazione Mondadori), ecco il nuovo volume della prestigiosa collana «Carte Raccontate» edita dalla Fondazione e firmato da Andrea Aveto: La prima vita di Paolo Murialdi. Dagli esordi genovesi agli anni del «Giorno».

Giornalista figlio di giornalista, una vita vissuta per la «notizia» e l'informazione declinata come sinonimo di democrazia, Paolo Murialdi ha scritto una pagina importate nella storia dei giornali. E non solo metaforicamente. Accanto e oltre il suo lavoro di cronista e «uomo macchina» nelle tastate in cui lavorò, Murialdi è stato un grande storico del giornalismo italiano nel '900: fra i suoi testi Come si legge un giornale (Laterza, 1975), La stampa italiana. Dalla Liberazione alla crisi di fine secolo (Laterza, 1998) e Storia del giornalismo italiano. Dalle gazzette a Internet (Il Mulino, 2006). E in effetti, entrato nelle redazioni quando i giornali si facevano con le rotative a piombo, alla fine degli anni Trenta, scrivendo di sport per le pagine locali del Secolo XIX e finendo la carriera già in era digitale, Murialdi ha percorso - da redattore, inviato, caporedattore - mezzo secolo e oltre di stampa italiana.

Poco mondano ma molto notturno («Assaporo la notte, che è il tempo dei giornalisti e degli attori», scriveva ventenne al padre), elegante nei pezzi e negli abiti (sempre in giacca e cravatta), più colto della media dei colleghi (sentiva strette la politica e la cronaca, scelse la Cultura), lontano dagli eccessi (sia ideologici sia della scrittura), giornalista di macchina più che di penna, Murialdi fu davvero un esempio per la sua generazione (quella degli Italo Pietra e degli Afeltra, per dire). E un maestro per quella successiva.

0Velocissimo a cogliere le occasioni che la Milano uscita dalla guerra offriva a chi aveva «fame» e talento, passò da diversi fogli di partito - Milano Sera, l'Avanti (nella stessa stanza di Franco Fortini...) e L'Umanità, collaborando anche a Oggi di Rusconi e al Tempo. Poi il grande salto negli anni '50: prima il Corriere della Sera e poi Il Giorno, del quale fu redattore capo dalla fondazione, nel 1956, al 1973, dove conobbe Gianni Brera e Giorgio Bocca, lasciando un segno pesante nell'impostazione del giornale. Ma soprattutto nell'invenzione del famoso inserto Giorno Libri, da lui diretto tra il '63 e il '67, che fu il modello per tutti gli inserti culturali del giornalismo italiano chiamando a collaborare Attilio Bertolucci, Citati, Arbasino... Di quegli anni, nelle carte personali conservate all'archivio della Fondazione Mondadori, c'è anche un lungo diario, inedito, in cui Murialdi annotava riflessioni, eventi e il feriale tritume della vita di redazione: divertenti - e non solo per «quelli del mestiere» - i retroscena meschini di certe scelte giornalistiche (il conflitto di interessi nei giornali non l'ha inventato Berlusconi...), i cambi di casacca all'arrivo di ogni nuovo direttore, le invidie e le genialità dei singoli colleghi.

Ma quelle sono piccole storie. La Storia più grande ricorda che Murialdi fu anche presidente della Federazione nazionale della stampa italiana (1974-81), direttore della rivista Problemi dell'informazione e membro del Consiglio di amministrazione della Rai (1993-94). A proposito. Tra le sue perle (inedite) di saggezza, ce n'è una - in una lettera al padre - che vale per tutte: «Il nuovo giornale è uscito tre giorni fa ed è uscito male perché gli editori ricalcano sempre gli stessi errori: vogliono fare il giornale senza giornalisti. Poi quando vendono ventimila copie si disperano». Ed erano gli anni '40...

Lunedì 2 dicembre (ore 18) al Laboratorio Formentini della Fondazione Mondadori (via Marco

Formentini 10) il volume di Andrea Aveto «La prima vita di Paolo Murialdi. Dagli esordi genovesi agli anni del Giorno» (Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori). Con l'autore partecipano Franco Contorbia e Antonio D'Orrico.

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