La sua vicenda, quella di una dipendente della Cgil licenziata dal sindacato che di solito scende in piazza al fianco dei lavoratori, aveva fatto scalpore. Ieri Ketty Carraffa si è vista dare torto dal giudice del lavoro, che ha respinto il suo ricorso contro la rimozione. È lei stessa a darne notizia su Facebook, nel ricevere i post di solidarietà di amici e colleghi: «Il giudice - scrive la donna 50enne e con un figlio a carico - ha rigettato il mio ricorso al licenziamento dalla Cgil di Milano. Golia, ha vinto. Farò un'asta di beneficenza per pagare gli avvocati».
A gennaio scorso il sindacato aveva inviato la lettera di licenziamento. La causa riportata era l'eccessivo periodo di malattia preso dalla dipendente. Che da parte sua ribatteva, nel proprio ricorso al Tribunale, di essere vittima di mobbing sul posto di lavoro. Un trattamento accompagnato a un demansionamento, spiegava Carraffa, che l'avrebbe portata a un esaurimento nervoso. Da qui i tanti giorni di malattia. Non solo. La lavoratrice accusava la Cgil di averla presa di mira per la sua «troppa visibilità».
Perché oltre a dirigere l'ufficio «Diritti delle donne» della Camera del lavoro, andava in televisione, ai convegni, scriveva libri. E la retrocessione a semplice impiegata sarebbe stata inflitta «a favore di figli 18enni di dirigenti».
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