«Liti surreali sul loro ritorno le Province ci sono, al verde»

Il presidente dell'Unione lombarda: «Un caso kafkiano Lavorano al reddito di cittadinanza. I 5 Stelle lo sanno?»

Alberto Giannoni

Le Province non se ne sono mai andate, anche se i 5 Stelle hanno avviato una campagna contro il loro «ritorno». Le Province esistono, il Papa le ha perfino «benedette», ma il vice premier Luigi Di Maio, con il suo Movimento (o forse con una sua parte) ormai da una settimana martella, assicurando che non si «rifaranno». Forse non sa che le Province giocano un ruolo fondamentale nel reddito di cittadinanza «grillino».

Vittorio Poma, presidente della Provincia di Pavia e da dicembre dell'Unione delle Province lombarde, è stato ricevuto da Bergoglio in Sala Clementina insieme a 76 colleghi dell'Upi che hanno udito «parole che ci hanno riempito di coraggio». E coraggio ce ne vuole, per gestire - senza indennità - enti ridotti alla disperazione amministrativa, vittime dell'equivoco sulla loro stessa esistenza.

Presidente Poma, queste Province ci sono o non ci sono? Qual è la situazione?

«Le Province non possono tornare per il semplice motivo che non se ne sono mai andate. L'equivoco è che siano state abolite. In realtà hanno tentato di abolirle, con la Delrio, cui doveva seguire una legge di riforma costituzionale che poi non c'è stata. Il referendum è stato bocciato. Ma le Province sono enti costituzionalmente garantiti, ci sono. Parlare di un ritorno è un errore giuridico, prima che politico. Il tema non è questo».

E qual è?

«Farle funzionare, questo il punto. Il paradosso è che chi parla di ritorno delle Province dimentica che è stata approvata in Lombardia una legge che trasferisce alle Province le funzioni che riguardano lavoro, centri per l'impiego, personale con i relativi costi. Domando: chi dice che non vuole riesumare le Province non sa che se il reddito di cittadinanza funziona è grazie alle Province? Io ho il quadro aggiornato. In Lombardia nel 2019 dovrebbero essere assunte 206 persone per rafforzare gli organici. E l'anno prossimo ne avremo altre 4mila livello nazionale, quindi oltre 500 qui. Un esercito di persone».

C'è una notevole dose di demagogia, insomma.

«Pensi che la Delrio aveva ridotto di 16mila unità il personale. Di queste 16mila, 2.500 sono andate in pensione, 5mila nei centri per l'impiego (nelle altre Regioni), 720 nei ministeri, 7mila ricollocati dalle Regioni. Questo personale non è più nelle province ma pesa come prima».

Ma anche il governo Renzi aveva giocato su questo equivoco della abolizione.

«Certo, il messaggio che è passato era: eliminiamo le Province e con esse gli sprechi. La semplificazione era quella. Renzi aveva enfatizzato questa cosa perché pensava di vincere il referendum, ma è andata male. E oggi vediamo la condizione di scuole e strade. E bisogna pensare che con la manovra del 2015 soni stati tolti alle Province tre miliardi in tre anni. Uno all'anno, poi l'ultimo condonato in parte. Tre miliardi sottratti alle funzioni fondamentali».

Un disastro.

«Le Province sono state messe in corto circuito. Senza soldi, senza mutui. Una situazione kafkiana, ridicola. Non possiamo mettere la testa sotto la sabbia».

Praticamente sono stati aboliti gli organismi democratici delle Province.

«Il presidente non prende neanche un euro, le giunte sono state abolite, i consiglieri non hanno più neanche il gettone. Zero. Ma ci sono costi di mantenimento della struttura e di funzionamento. I mutui devono essere pagati, e se non se ne accendono più, non si fanno più gli interventi su scuole e strade. Ma tutto è finito nel frullatore elettorale e questo non permette di guardare con equilibrio al tema, per capire cosa fare».

Cosa è necessario?

«Intanto, coprire i costi. Uno studio del Sose del ministero dell'Economia quantifica i costi standard in modo dettagliato ed emerge che tutti gli enti hanno uno squilibrio finanziario che non permette di chiudere i bilanci. Cosa fanno allora? Tagliano le spese correnti, strade e scuole. I bilanci vengono chiusi a ottobre-novembre, usando gli avanzi fi amministrazione. Ma se li uso per quello, e se non posso fare mutui, come svolgo le funzioni fondamentali? Il vero tema è questo. Non viene toccato».

Lei cosa farebbe? Organi elettivi? Poi, considera inutili magari altri enti?

«Io sono per l'elezione diretta, l'autorevolezza deve venire dal popolo.

Quanto all'architettura, quella costituzionale è buona: valorizza i Comuni, le Regioni con compiti di programmazione importanti e funzioni legislative, e le province come ente intermedio con funzione amministrativa. Ecco le Province magari sono da razionalizzare e semplificare. Ma devono avere gli strumenti per funzionare».

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