Lui vestì i panni di Lohengrin, lei quelli della perfida Ortrude. Ora Vincenzo Reina, tenore di 79 anni, e Laura Didier Gambardella, mezzosoprano di 84 anni, si preparano ad assistere alla prima della Scala e, a dirla tutta, già arricciano il naso di fronte alle scelte di regia. Loro, cultori di Wagner da sempre, si siederanno in poltrona all'Istituto Verdi, di cui sono ospiti, e seguiranno l'opera diretta da Barenboim, ma sono un po' scettici. «Meglio vivere di ricordi» sospirano appoggiati al pianoforte del salone centrale della casa di riposo dei musicisti.
«Io ho visto le prove - racconta Reina - e la regia non mi convince un granché. Lohengrin dovrebbe arrivare con il suo cigno, vestito d'argento, a dominare la scena. È pur sempre uno dei custodi del Santo Graal. Invece spunta dal coro, si confonde a terra e il cigno non si vede nemmeno. E poi Elsa sviene troppe volte. Quando lo deve fare alla fine non c'è nemmeno più gusto». Laura, che nel 1959 incise il primo Lohengrin per la Rai, ha deciso di non andare più alla Scala da quando ha smesso di cantare. «Occhio non vede, cuore non duole». Ma le sue aspettative sul personaggio di Elsa sono molto alte: «Il libretto è un autentico ricamo». Lei, che ha vestito i panni di Carmen, di Isotta, di Aida e di Venere, ammette che le vengono meglio i ruoli «da cattiva». «Le protagoniste sono sempre un po' frivole - confessa - Invece per interpretare l'antagonista ci vogliono grinta e determinazione» racconta. Il Wagner che ama di più è quello di Tristano e Isotta, quello dell'amore infinito, interrotto solo dalla morte, sempre molto commovente. Così fu anche la sua vita: un solo amore, immenso. Il collega e vicino di stanza Vincenzo Reina sospira a sentire i racconti romantici dell'amica. Lui di amori ne ha avuti tanti, «almeno una quindicina di fidanzate», fa il conto, «mi scrivevano l'indirizzo sugli spartiti ma non mi sono mai sposato». Il suo cuore, in una delle tante tournée, fu rapito anche da una meravigliosa madama Butterfly. «Sul palco la baciai veramente». Reina, tempra siciliana, lavorò per tanti anni nei paesi dell'Est Europa, soprattutto a Sofia. «Una volta mi scambiarono perfino per una spia, solo perché avevo portato un registratore a teatro». Ha Wagner nel cuore. «Wagner - cerca le differenze con Verdi - con gli ottoni e i suoni cupi ti fa vedere la magia della nebbia. Con Verdi invece è come se ci fosse sempre il sole». Ora Vincenzo non canta più. «Devo essere sincero - spiega - Ho perso l'entusiasmo.
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