"La Lombardia autonoma? Sì, ci hanno abbandonato"

Parla dopo 41 giorni di ricovero l'assessore regionale "Deluso da Conte: non è nemmeno venuto a vedere"

"La Lombardia autonoma? Sì, ci hanno abbandonato"

Dal suo letto in terapia semi intensiva, dopo 41 giorni di ricovero agli Spedali Civili di Brescia ed essere stato a un passo dalla morte, Alessandro Mattinzoli, assessore regionale allo Sviluppo economico della Regione Lombardia, vuole parlare da cittadino. Ci racconta come è andata?

«Sono stato ricoverato il 28 febbraio per sospetto Covid, il 29 notte mi hanno detto che ero positivo: non lo scorderò mai. Il 3 marzo la caposala, completamente nascosta dalla sua tuta da astronauta, mi ha detto che mi avrebbero portato in terapia intensiva. Le ho solo chiesto Quindi non potrò mai più rivedere i miei tre figli?. Non ho detto altro. Sono stato messo in coma farmacologico e intubato per due giorni. La terapia intensiva, per assurdo, è stata l'esperienza meno scioccante per me: capisci che sei nelle mani di persone competenti che stanno cercando di salvarti la vita e di immedesimarsi nella tua malattia».

Dev'essere sconvolgente...

«Sì, a quanto pare sono tra i fortunati che ce l'hanno fatta e voglio prendere tutto il bello di questa esperienza. Anche perché sono stato sempre lucido, i medici sono fantastici, ti coccolano, nasce davvero un rapporto personale e strettissimo con il personale sanitario capace di darti la forza di andare avanti. Mi hanno detto: noi ti aiutiamo ma il 50 per cento devi metterlo tu».

Come ha fatto?

«Ho pensato alla mia famiglia, da lì ho trovato la forza immane per combattere una malattia terrificante. Avevo cinque tubi nella carotide, un catetere polmonare, un catetere all'inguine, il catetere, quattro farfalle nel braccio, il tubo per l'ossigeno».

Quando sembrava tutto finito, ha avuto un tracollo terribile...

«Ero in radiologia, con la lastra in mano ho sentito i medici che dicevano: Chiamate due radiologi!. Ho capito che c'era qualcosa che non andava. Ho avuto un'emorragia polmonare. Poi è arrivato il peggio...».

Cosa?

«La maschera per l'ossigeno è una ventosa che aderisce completamente al viso, non passa nemmeno uno spillo, tira i capelli e schiaccia tutta la faccia. Un incubo. Alla seconda applicazione non ne volevo più sapere, ho detto no, non ce la faccio. Quando dalle telecamere della stanza vedevano che cercavo di togliermela mi hanno detto: Alessandro ti dobbiamo legare la mano se fai così». Poi è arrivato il medico e mi ha convinto a superare il mio limite e a sopportare il dolore tremendo. Quando uscirò andrò dai produttori di maschere per suggerire qualche miglioria utile a rendere la sofferenza che provoca più accettabile».

Di nuovo, dove ha trovato la forza?

«Il mio score di polmonite era 16 su 18, a 13 si è in pericolo di vita: ho pensato ai miei figli e ai miei affetti più cari. È stato straordinario avere la possibilità di sentirli quando ero in terapia intensiva, grazie al progetto dei tablet in corsia messo in campo dall'ospedale, mi ha dato una forza incredibile. E vorrei aggiungere...».

Cosa?

«Ci tengo a specificare che parlo da cittadino e da malato. Mi ha deluso il premier Conte che non è venuto a vedere com'era la situazione di persona. A Nassirya, in Kosovo, il nostro governo è sempre andato a trovare i suoi soldati, qui in un'emergenza del genere Conte non ha lasciato la sua scrivania e il suo sorriso rassicurante. Non glielo perdono, dovrebbe davvero vergognarsi. Roma ha così inteso l'autonomia delle regioni, della Lombardia in particolare: ci ha abbandonato».

Cos'altro critica dell'operato del governo?

«Conte avrebbe dovuto avere l'umiltà di concordare con le opposizioni le misure da chiedere all'Europa. Divisi non siamo credibili. Bisogna avere l'umiltà di consultare gli esperti per programmare la ripresa economica a lunga durata. Non si può pensare in un'emergenza di non modificare le regole di accesso al credito. Gli imprenditori, ho ricominciato un po' a lavorare e a confrontarmi con i miei colleghi di giunta e il presidente Fontana che con grande umiltà hanno lavorato indefessamente, chiedono liquidità, sburocratizzazione e accesso al credito».

Cosa ha imparato?

«È necessario ripensare il modello sociale ed economico, dove la sanità deve avere un ruolo prioritario.

E riequilibrare il rapporto profitto-ambiente. Legittimo il profitto, ma chi produce e inquina di più dovrebbe versare somme compensative per interventi ambientali e per garantire a tutti i bambini opportunità di crescita, di sport e di cultura».

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