Terza in Italia, ma nessuno lo dice. La Lombardia, secondo i dati dell'ultimo report sul monitoraggio settimanale dei casi sintomatici, ha un indice di contagiosità molto basso. La media italiana è 0,95 e dodici regioni sono sopra quota 1 - quella che indica una tendenza all'aumento - la Lombardia è «solo» a 0,75 (e quindi tendenzialmente in diminuzione). Attualmente, solo le piccole Basilicata e Valle d'Aosta stanno facendo meglio. Eppure, molti continuano a enfatizzare, come problematici, i dati assoluti dei nuovi contagi, che non possono che essere alti, in una regione che conta circa 10 milioni di abitanti, circa un sesto della popolazione italiana, e che ogni giorno processa moltissimi tamponi - solo ieri 19.137, in tutto oltre 2 milioni e 51mila. I dati assoluti sono ovviamente fuorvianti.
Più significativi i dati ponderati. Come quelli dell'Istituto superiore della sanità, pubblicati due giorni fa, che tengono conto appunto dell'Rt, l'indice di contagiosità, ovvero il numero medio di infezioni generate da una persona infetta. In questa graduatoria aggiornata delle Regioni italiane, a oggi la situazione più critica appare quella della Liguria, con indice 1,31, seguita dalle province autonome di Bolzano e Trento, dalla Calabria, e dal Friuli Venezia-Giulia. Intorno a metà della graduatoria troviamo la Sicilia con indice 1. E la Lombardia è appunto diciannovesima, preceduta solo dalla Basilicata (0,73) e dalla Valle d'Aosta a 0,59. Il dato «elaborato» corrisponde alla realtà che da alcune settimane è in atto, in quella che nei primi mesi della pandemia è stata indubitabilmente la regione più colpita, e anche quella che ha spinto di più sul governo per ottenere, e attuare, misure di prevenzione, a partire dall'uso delle mascherine - qui introdotte prima che altrove - e da una chiusura drastica non solo delle scuole, ma anche delle attività produttive ed economiche, oltre che degli eventi sociali. La determinazione con cui l'emergenza pandemica è stata affrontata, e la risposta dei cittadini, nella stragrande maggioranza dei casi esemplare, sembra aver dato i risultati sperati. Anche il calcolo - più banale - dei tamponi positivi sui tamponi effettuati, da alcune settimane pare stabile al ribasso. Ieri si è attestato sull'1,3%, nei giorni scorsi ha ballato sotto a questo valore ma comunque non ha mai superato una certa soglia (l'1,6 è stato il massimo). Il 15 settembre, per esempio, i positivi erano 176 con 19.399 tamponi, per una percentuale pari allo 0,9%. Significa che da tempo i tamponi positivi sono circa uno su cento (a volte poco di più, a volte poco di meno). Il 19 maggio, per avere un raffronto, si registrarono 462 nuovi casi su 14.918 tamponi, il 3% circa. Subito dopo la riapertura, il 4 giugno, furono scovati 84 casi positivi su 3.410 tamponi (il 2,5%), il giorno dopo, 402 casi positivi su 19.389 tamponi (il 2,1%). Per avere un'idea dell'evoluzione, si può ricordare che in alcuni giorni di marzo l'incidenza di positivi superò il 20. Ieri su 19.
137 tamponi, i positivi sono stati 256 (di cui 32 debolmente positivi) la gran parte dei quali fra Milano (57 in città, 92 in provincia), la Brianza, il Bresciano e il Varesotto. Nei reparti di terapia intensiva sono ricoverate 30 persone, e 312 in altri reparti. Le persone decedute con il Covid sono 16.941, ieri 4. I guariti e dimessi sono quasi 80mila.
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