La Lombardia deve fare la Lombardia, soprattutto ora che è stretta fra l'emergenza sanitaria e la recessione economica. Deve essere se stessa fino in fondo, forte e autonoma, perché alla fine l'unica cose che può rimproverarsi è di aver ascoltato troppo il governo, di essersi attenuta con troppa lealtà alle incerte indicazioni centrali e statali.
Certo, è molto difficile valutare la risposta che è stata data dal quel fatidico 21 febbraio. Ma nonostante le improbabili iniziative di una sinistra in piena regressione politica, la sede giusta per giudicare l'operato politico del governo regionale saranno le prossime elezioni regionali. Alcune cose le sappiamo con certezza. La prima è che l'ondata che ha colpito le province lombarde non ha avuto eguali in Europa, per la violenza e per l'«effetto sorpresa». La scoperta dei primi focolai ha visto gran parte del Paese psicologicamente impreparato: uno scenario quale quello attuale pareva il frutto di cronache esotiche e un po' fantascientifiche che dovevano limitarsi al sud est asiatico. Altra certezza: se c'è qualcuno che ha capito subito la gravità della situazione, questo qualcuno si trova al Pirellone, e nessuna campagna del Pd o dei 5 Stelle - ormai indistinguibili - potrà mai negarlo.
Concretamente, due sono gli errori principali con cui i critici spiegano l'emergenza lombarda. Il primo riguarda la mancata introduzione della zona rossa in Val Seriana, e si è dimostrato in vario modo che il governo rivendicava per sé misure di quel tipo, e aveva preannunciato una chiusura della Bergamasca per poi aspettare fino al 7-8 marzo. L'altra questione è l'indicazione di eseguire tamponi solo ai sintomatici. E pure questa è stata una scelta degli organismi governativi e internazionali, anche se la sinistra finge di non saperlo. In entrambi i casi, ciò che la sinistra rimprovera alla Regione, sostanzialmente, è di aver dato ascolto al governo (di sinistra). Pd e 5 Stelle sono alleati e sostengono a vicenda commissariamento e commissione d'inchiesta. Ma hanno un'altra cosa in comune: non hanno mai toccato palla alle Regionali. L'attuale «capo» dei grillini Vito Crimi nel 2010 raccolse il 3% da candidato governatore.
Il tentativo plateale in atto è quello di mettere mano sulla Lombardia senza passare dal voto per poi soffocarla di statalismo e centralismo. La Lombardia deve rispondere facendo una volta di più la Lombardia.
Ricordi a se stessa e agli altri i 54 miliardi di residuo fiscale che lascia a Roma finanziando buona parte degli stipendi pubblici e dei sussidi. La Lombardia non può sottrarsi al ruolo - a volte ingrato - che compete ai leader. Risponda con l'autonomia e l'orgoglio della sua forza. E riparta, quando deve ripartire.