La Lombardia a statuto speciale? Maroni: "Vale 16 miliardi l'anno"

Il candidato leghista rilancia l'idea di trattenere il 75 per cento delle tasse: "Macché secessione, si può fare anche senza cambiare la Costituzione"

Il segretario della Lega Roberto Maroni
Il segretario della Lega Roberto Maroni

«L'accordo di domenica tra Pdl e Lega cambia gli scenari. Ora ci sono le condizioni per vincere in Lombardia». Riassorbiti i mugugni dei militanti («il gioco valeva la candela»), è entrata nel vivo la campagna elettorale di Roberto Maroni che ieri al Circolo della stampa ha annunciato la presenza del suo nome nel simbolo elettorale della Lega sia alle politiche che alle regionali. Annunciando ancora una volta che la madre di tutte le battaglie sarà la richiesta di trattenere sul territorio il 75 per cento delle tasse pagate dai lombardi. «Si può fare» assicura Maroni, anche senza cambiare la Costituzione. «Serve cambiare le leggi? Le cambieremo». Fino a immaginare anche «una Lombardia a statuto speciale, così come già succede per Sicilia e Trentino». Nessuna intenzione di cedere a chi gli dà del secessionista perché «il 25 per cento resta per la coesione nazionale, è scritto nell'accordo. Non chiediamo i soldi degli altri. Quelli sono soldi nostri e ci spettano». Sulla guerra delle cifre, Maroni dice che «dipende se si considerano o meno alcuni servizi che lo Stato svolge sul territorio, ma al netto di questo siamo al 35 per cento, se poi si considera tutto siamo al 66 per cento: dunque nella peggiore delle ipotesi sarebbero 16 miliardi netti in più all'anno per le regioni». Già divisi da Maroni: 8 miliardi per togliere l'Irap alle imprese, uno per cancellare il bollo auto, 100 milioni per i libri nelle scuole dell'obbligo («se sono dell'obbligo devono essere gratis»). E con i restanti 9 miliardi, meno ticket sanitari, infrastrutture e investimenti a favore di chi offre un contratto ai giovani. «Sono soldi nostri. È un diritto e un dovere dei lombardi tenerseli». E poi la ripresa del progetto della moneta complementare, il Lumbàrd a cui sta lavorando il vice presidente della Regione Andrea Gibelli (nella foto) e nel programma leghista anche il progetto di «creare al Nord una zona franca per contrastare la delocalizzazione delle aziende».
Di ieri anche l'annuncio che per coinvolgere militanti ed elettori nella scrittura del programma, sarà utilizzata una piattaforma multicanale («Dillo a Maroni!») fatta di seminari con collegamenti web, sms, telefonate e contributi via Internet. Prossimo appuntamento il convegno di mercoledì prossimo a Cernobbio dove dalle 11.30 alle 13 saranno possibili collegamenti in diretta (hangout) per porre domande al candidato Maroni e offrire suggerimenti al suo programma.
Poi le questioni più spicciole. Roberto Formigoni? «Non giudico le cose che fanno gli altri» taglia corto Maroni. La possibilità di un ritiro di Gabriele Albertini? «Noi vinceremo anche se sarà in corsa». Mentre il segretario lombardo Matteo Salvini fa l'ambasciatore. «Oscar Giannino apre ad Ambrosoli? Non ci credo. Di là ci sono Vendola e i Comunisti italiani, cioè statalismo e burocrazia».

Per lui è già pronta una proposta: «In appoggio a Maroni, Giannino potrebbe rappresentare la mente economica del progetto Lombardia, nel nome di “meno tasse, meno Stato, più impresa e più lavoro”. Lo aspettiamo». Oggi a Roma vertice tra Maroni e Berlusconi per decidere quali simboli far entrare nell'alleanza.

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