Luca Pavanel
Un «Fidelio» per non dimenticare. L'opera beethoveniana alla Scala torna con (e dopo) la Prima del 2014, quando l'allestimento andò in scena con Daniel Barenboim. Lunedì il debutto al Piermarini, poi avanti fino il 7 luglio.
Ieri, in una gremita conferenza scaligera, sono stati spiegati i termini dell'operazione culturale al varo; al tavolo dei relatori alcuni protagonisti e ospiti d'onore. «Certi musicisti mettono la musica al servizio dell'umanità - spiega il maestro Myung-Whun Chung che sarà sul podio - Come Beethoven, che ha lasciato dei messaggi». In primis, il dover «combattere per la libertà dell'uomo. Questo dà alla sue note energia e vitalità speciali». Poi l'«amore» e, terzo messaggio ancora - che si ritrova nel finale del secondo atto con il coro - «un ringraziamento al cielo, a Dio, un messaggio che indica una strada».
«Fidelio», prima rappresentazione a Milano il 7 aprile 1927 con la direzione Toscanini, un'opera adatta dunque a ricordare le figure dei due musicisti Erich Kleiber e Vittorio Veneziani. Ed è quel che verrà fatto con la Prima del 18 giugno in occasione dell'ottantesimo anniversario delle leggi razziali del 1938, che colpirono tanti artisti ebrei in Italia. Un'iniziativa che il Piermarini porta avanti di concerto con l'Anpi. Alla conferenza c'era anche la senatrice a vita Liliana Segre, che ricorda le terribili sensazioni di chi trova «la porta chiusa, sia questa della Scala, quella della scuola, le porte chiuse degli Stati. Sono cose indimenticabili. Sono porte chiuse perché sei nato, non perché hai fatto qualche cosa. Non lo dimentichi tutta la vita». Il riferimento è appunto, a quanto accadde a Veneziani, che nel 1938, era direttore del Coro del Teatro, e fu allontanato proprio in ragione della sua origine ebraica. Nello stesso anno agli abbonati ebrei veniva chiesta la restituzione della tessera di abbonamento. Kleiber, che avrebbe dovuto dirigere «Fidelio» nel marzo del 1939, rinunciò per protesta suscitando una vasta eco sulla stampa internazionale ma nessuna solidarietà in patria. «Quelli che hanno fatto una scelta come il maestro non sono personaggi comuni - aggiunge Segre - Kleiber non era schiavo, non era l'altro ma sceglie di essere l'altro, e lo fa in tempi in cui tutti stavano con il capo». Infine la domanda sul caso di questi giorni, quello della nave Aquarius, con relativa replica: l'Italia è stata lasciata «sola» nella gestione dei migranti dall'Unione Europea. Ma la prima cosa che ha detto rispondendo sui «porti italiani chiusi» all'Aquarius, lei, che ancora porta i segni delle «porte» che le sono state chiuse quando era bimba, è stata: «Avevo l'impulso di salire su quel barcone». «Anche l'Europa è troppo assente - ha sottolineato -. E l'assenza dell'Ue è causa di grandi mali». Di più, un'altra pagina.
In sala la regista Deborah Warner: osserva che nella musica di Beethoven «c'è anche il tema del coraggio dell'individuo che tenta di cambiare le cose e ci riesce da solo. In questi tempi raccontare questa storia ha ancora successo. Se i conflitti fossero risolti, in un mondo di utopia, forse non avremmo più bisogno di mettere in scena Fidelio». Ed ecco il cast.
Nella parte di Leonore si alternano Ricarda Merbeth, già Marie in «Wozzeck» alla Scala, e Simone Schneider. Florestan è Stuart Skelton, tenore australiano che ha recentemente interpretato Tristan con Sir Simon Rattle e i Berliner Philharmoniker.
La parte del malvagio Don Pizarro è affidata a Luca Pisaroni, applaudito dal pubblico scaligero come Leporello nel 2017. Deborah Warner incontrerà il pubblico venerdì alle ore 18.30 alla Fondazione Feltrinelli nell'ambito del ciclo «Note di storia» organizzato dalla Fondazione in collaborazione con il Teatro alla Scala.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.