L'uomo nero non fa più paura: Milano ricorda Sergio Ramelli

I militanti d'Area commemorano i loro caduti tra canti e poesie. E un coro di fiaccole che illuminano il piazzale della chiesa dei santi Nereo e Achilleo

L'uomo nero non fa più paura: Milano ricorda Sergio Ramelli

Milano, 29 aprile. Sera. Per arrivare alla chiesa dei santi Nereo e Achilleo bisogna passare per un budello di mezzi blindati e di lampeggianti blu. La tensione è altissima. Si percepisce nell'aria. Pochi metri più in là, la sinistra ha organizzato una manifestazione contro la commemorazione di Carlo Borsani, Enrico Pedenovi e Sergio Ramelli.

Gli addetti stanno montando il palco che ospiterà canzoni e poesie per ricordare i martiri della Destra milanese. Dietro al palco campeggiano tre gigantografie di Carlo, Sergio e Enrico, come li chiamano amichevolmente i ragazzi che sono oggi in piazza. Uno striscione nero con quattro parole: "Onore ai camerati caduti". Poi due celtiche bianche ai lati.

La piazza, poco alla volta, comincia a riempirsi. Ci sono persone di tutti i tipi: i militanti di Casa Pound, quelli di Forza Nuova, i ragazzi di Lealtà e Azione e quelli di Fratelli d'Italia. Tutti uniti sotto un'unica bandiera, nonostante le diversità.

Viene aperta la chiesa. I militanti di Destra entrano ordinati. Sanno che ogni momento questa sera è sacro.

Lasciamo la piazza e ci dirigiamo verso via Paladini, la via dove Sergio Ramelli ha vissuto e dove ha trovato la morte nascosta dietro i colpi di chiave inglese. È in via Paladini che la mamma di Sergio, Anita, ha visto generazioni di ragazzi vegliare sotto la finestra di casa sua con un unico scopo: testimoniare che il sacrificio di suo figlio non era stato vano. Che qualcuno aveva raccolto la fiaccola di quell'idea. "Mamma Anita", come la chiamano questi ragazzi, ora non c'è più. È morta due anni fa. Ma i militanti di Destra hanno deciso di tornare anche quest'anno in questa via. Per portare un lume e un giglio. Entrambi bianchi. Puri. Come puro è il sacrificio di chi paga con la propria vita la fedeltà a un'idea.

Nel frattempo, Guido Giraudo, uno dei più importanti rappresentanti della Destra meneghina, prende la parola: "Su questo 29 aprile avete letto di tutto. L'unica cosa che conta è questa piazza. L'unica cosa che conta è che siamo ancora uniti nel ricordo di Sergio, Enrico e Carlo e di tutti i nostri martiri. Ciò che rimarrà alla storia è l'aver dato vita a una serata come mai Milano aveva visto prima. Per la prima volta questa città sentirà le nostre canzoni e le nostre poesie".

Sale sul palco Skoll, uno dei più ascoltati e apprezzati cantanti d'Area. Dedica una canzone a Anita e poi "Più caro agli dei" a Sergio. Poi è la volta dei Ddt che rispolverano "Noi non siamo uomini d'oggi" di Massimo Morsello e, infine, gli Amici del Vento, lo storico gruppo milanese degli anni '70 e '80. Saranno loro a intonare il canto finale: "Il domani appartiene a noi".

Non è una serata nostalgica. C'è nostalgia, certo. C'è nostalgia negli occhi di un signore anziano che si avvicina a dei ragazzi di Forza Nuova e ricorda di quando vide Sergio, pochi minuti dopo l'attentato. C'è della nostalgia nel ricordare chi non c'è più.

Ma c'è soprattutto la volontà di andare avanti. Consapevoli di un passato e di una tradizione, ma non racchiusi staticamente in essi. Si cammina guardando il futuro. Consapevoli che, alle spalle, c'è una famiglia di fratelli sempre pronta a gridare "Presente!".

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