Via Fontana 1, strada centralissima stretta tra Palazzo di giustizia e la Rotonda della Besana. Nello stabile signorile ci sono gli studi di almeno una decina di legali più o meno noti. Ed è lì che lunedì la penalista milanese 40enne Diana Ricceri, è stata aggredita, ferita e mandata all'ospedale da uno straniero sconosciuto piombato allo studio legale Foti, dove l'avvocato lavora, chiedendo di lei come del legale d'ufficio che gli era stato assegnato, quindi assalendola con un tagliacarte e con un martello per poi fuggire. La donna, ricoverata la Policlinico, alle 14 di ieri è stata dimessa con una prognosi di dieci giorni, ma è ancora molto impaurita e sotto choc. Sul caso indagano i carabinieri della Compagnia Duomo e, per il momento, stanno rielaborando la descrizione del folle fornita dalla Ricceri, sperando di poter ricavare qualcosa anche dalle telecamere esterne al palazzo e da quelle degli stabili adiacenti di via Fontana, via Podgora e corso di Porta Vittoria, ma soprattutto dagli esami della Rilievi che sta analizzando anche il tessuto rimasto sotto le unghie della donna ed un eventuale Dna. «Non sarà facilissimo trovarlo - spiegano gli investigatori -. All'ordine degli avvocati c'è sì un call center che registra le chiamate, fatte delle forze dell'ordine o dalla Procura, per le nomine d'ufficio. Chi telefona, però, dice il proprio nome e non quello della persona per cui serve il legale».
L'avvocatessa ha raccontato ai militari che lo sconosciuto - uno slavo sul metro e 70 che indossava un giubbino - è arrivato lunedì intorno alle 16. Dopo aver chiesto di lei si è diretto verso il suo ufficio, agitando un foglio che teneva in mano e senza dar retta alla segretaria dello studio legale che lo inseguiva chiedendogli se aveva un appuntamento. Raggiunta la stanza del legale, in un italiano stentato, rivolgendosi alla Ricceri, si è piazzato davanti alla sua scrivania. «Diana Ricceri, sei tu il mio avvocato?» le ha chiesto, sventolandole davanti dei documenti che teneva in mano. Lei ha risposto sì, mettendo però subito in chiaro che lo avrebbe ricevuto solo su appuntamento. Così lo ha riaccompagnato alla porta. Lo straniero, però, non si è dato per vinto, è tornato nello studio, correndo verso l'ufficio della Ricceri e chiudendo la porta. A quel punto ha afferrato un tagliacarte sulla scrivania e lo ha puntato verso l'avvocatessa. In quel momento un collega della donna ha fatto capolino dall'ingresso ma lo sconosciuto, nascosto dietro la porta con il tagliacarte, le ha fatto segno di mandarlo via.
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