«Mafioso berlusconiano? Prof indifendibile»

Per tutti una reazione esagerata. Duro anche Dalla Chiesa: «Parlo da docente universitario: non si può fare così»

Gianandrea Zagato

Anche il gioviale Mario Capanna, sì proprio quello che prova cocente nostalgia per il Sessantotto e dintorni, non ci sta a difendere quella professoressa del Volta dall’aggettivo facile, che accusa un suo allievo di essere «un mafioso berlusconiano».
«Mi pare una reazione assurda, un giudizio assurdo com’è l’aggettivo appioppato a Silvio Berlusconi. Difenderla? No, impossibile sostenere chi a una ragazzata replica con giudizi inappellabili. Quella professoressa è un esempio che non può piacermi: direi che ha fatto la pipì fuori dall’orinale o se più gradevole che la prof è una superbacchettona». Valutazione che non guarda al curriculum dell’interessata e nemmeno se nel suo guardaroba c’è stato o no un eskimo da esibire: «Questione di cultura» aggiunge Capanna «bisogna saper valutare quando si è davanti a una ragazzata».
Unico sostantivo che, per Capanna, meglio sintetizza quel beau gest di Giacomo della 4A: gettare brioches ai suoi compagni di classe durante l’intervallo per raccattare qualche voto al consiglio d’istituto. Peccato veniale di un diciassettenne di sinistra che non s’aspettava l’assalto alle meredine, «insieme ai miei compagni di lista volevamo invece venderle durante una pausa delle lezioni per raccogliere qualche euro in più da investire nella nostra campagna elettorale». Gesto che la professoressa ha quindi equiparato al voto di scambio: un voto-un croissant, «da lì l’accusa di essere un “ma-fio-so berlusconiano“». Uso spregiudicato delle parole e associazione diffamatoria e gratuita che al filosofo Paolo Del Debbio fa venire «nausea»: «La risposta che vorrei dare non riesce ad arrivare al cervello e mi si ferma allo stomaco, livello intestino, provocandomi nausea». Sensazione di voltastomaco, ripugnanza per quella retorica antiberlusconiana che tanto piace ai girotondini e che una militante travestita da professoressa porta in classe.
«Non si può fare così» sbotta Nando Dalla Chiesa, parlamentare della Margherita che qui interviene come docente universitario: «In classe il professore non si può, non si deve mettere mai contro un alunno e, soprattutto, non rientra nella libertà d’insegnamento quella dell’insulto politico. Se a quella professoressa non piace la cultura berlusconiana, be’ ci sono altri modi per proporre valori diversi. E, comunque, bisogna misurare le parole che sono pietre e rispondere a comportamenti innocenti - come quelli di Giacomo della 4A - in altro modo, con altro stile». Condanna con invito alla collega del Volta di studiare meglio la storia italiana, «ad esempio, avrebbe potuto raccontare quello che accadeva nella Napoli degli anni Cinquanta, con l’armatore Lauro che regalava una scarpa prima del voto e l’altra dopo. Ma, ripeto, quanto accaduto ha in sé l’innocenza di un gesto da ragazzi che non va condannato».

E pure la pasionaria dei Verdi, Milly Moratti, non riesce a trovare un appiglio per difendere «linguisticamente quell’aggettivo in più lanciato in un contesto sbagliato e offrendo una tipizzazione di basso livello che non deve entrare nelle aule di una scuola». Neanche in quelle del liceo scientifico Volta di via Benedetto Marcello.

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