Maroni, il nodo intercettazioni Il verdetto arriverà in primavera

Perizia sulle telefonate. I pm chiamano Sala come teste

Luca Fazzo

Non arriverà entro la fine di quest'anno la sentenza nel processo a carico di Roberto Maroni, presidente della Regione Lombardia: ma il continuo braccio di ferro tra accusa e difesa che segna ogni udienza non impedirà che entro la primavera si arrivi alla conclusione. E se dovesse arrivare una condanna, per Maroni scatterebbe la perdita del posto in base alla legge Severino, con conseguenti nuove elezioni per scegliere il nuovo inquilino di Palazzo Lombardia.

Ieri, il tribunale fissa una nuova udienza per il 6 ottobre (doveva essere il 22 settembre, ma il legale di Maroni, Domenico Aiello, ha fatto presente di avere altri impegni professionali) in cui verrà dato l'incarico a un perito di trascrivere nuovamente il testo di tutte le intercettazioni telefoniche realizzate durante le indagini preliminari e che la Procura vuole utilizzare in aula. Si tratta di un impegno che assorbirà il perito per diverse settimane, e che potrebbe rallentare i tempi del processo. Ma il pm Eugenio Fusco ha deciso di approfittare dell'intoppo per cambiare l'ordine in cui intende interrogare i testimoni dell'accusa. Verranno convocati subito i testi che non hanno nulla a vedere con le intercettazioni, e quindi possono essere sentiti prima del deposito della perizia. Il primo sarà nella prossima udienza il maresciallo Giuseppe Di Venere, il carabiniere che indagando sugli affari indiani di Finmeccanica inciampò nelle tracce di Maroni e delle sue pressioni per ottenere favori per due sue amiche e collaboratrici, Maria Grazia Paturzo e Mara Carluccio. E alla udienza successiva potrebbe venire chiamato a deporre in aula il teste forse più interessante del processo: Giuseppe Sala, oggi sindaco di Milano, e commissario di Expo al tempo in cui vennero accolte le pressioni di Maroni per la Paturzo (un viaggio in Cina, poi non effettuato) e per la Carluccio (una assunzione in Eupolis).

Nelle carte dell'indagine il nome di Sala compare più volte: specie in relazione al viaggio della Paturzo, sulla cui opportunità diversi manager di Expo nutrivano seri dubbi, e che venne alla fine inserita nell'elenco dei partenti per la Cina per decisione di Christian Malangone, uno dei più stretti collaboratori di Sala, già condannato per questa stesse storia. «Il capo è allineato», disse Malangone in una conversazione intercettata. Il sindaco dovrà ora spiegare ai giudici se e perchè avesse deciso di «allinearsi» con le pretese di Maroni, rispondendo non solo alle domande del pm ma anche a quelle dei legali del governatore, che si annunciano pressanti. Sarà una udienza interessante, insomma.

Nel frattempo, il tribunale ha dato piena ragione alla Procura sulla utilizzabilità delle intercettazioni telefoniche che sarebbero state disposte ed effettuate, nell'ambito di un troncone di indagine sui finanziamenti illeciti

alla Lega Nord, quando era già nota al pubblico ministero l'infondatezza dell'accusa. «Le propongo un gentlemen agreement», ha detto Aiello al pm Fusco chiedendo che una parte venisse stralciata dal processo. Niente da fare.

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