A nome di chi parla Roberto Maroni? Il tema è tra quelli che interessano un po' tutti. Il vino. Il presidente della Regione Lombardia è andato in visita alla Fiera di Verona, dove si tiene la manifestazione che raccoglie vini e distillati. E al Vinitaly ha rassicurato i presenti: Milano non vuole rubare a Verona il prestigioso appuntamento che richiama produttori, commercianti e intenditori da tutto il mondo.
Insomma, la Lombardia fa un passo indietro e lascia passare il Veneto. Flavio Tosi, sindaco leghista di Verona, può stare tranquillo. Il segretario del suo partito non intende scippargli il business dalle mani, alimentando ulteriori attriti tra veneti e lombardi. Già, perché la Lega del Veneto e quella della Lombardia sono da sempre in competizione e non tutti hanno gradito il secondo segretario lumbard. Almeno in questo Maroni mostra grande comprensione: non vuole rubare lo scettro di Vinitaly alle terre degli avversari interni al suo partito.
Diciamo che conflitto di interessi è una parola forte, e forse anche impropria. Eppure viene in mente pensando al cui prodest la non concorrenza di Milano a Verona. A Maroni governatore della Lombardia? O al Maroni segretario della Lega? E ancora: al presidente di tutti i lombardi o al presidente di coloro che si ritrovano nell'idea della macroregione? O chissà, ad altre ambizioni future.
Maroni sottolinea: «Io ragiono in termini di macroregione e ciò significa riconoscere le eccellenze delle altre regioni in un'ottica di leale collaborazione». Eppure la Lombardia è una regione importante nella produzione di vini, dall'Oltrepò pavese alla Valtellina alla Franciacorta, per ricordare le zone di produzione più note. E soprattutto Milano è un punto di snodo fondamentale nella diffusione della cultura del bere bene. Oltre al turismo, città e regione possono contare su un gran numero di viaggi d'affari. E nulla giova più alla diffusione dei vitigni del connubio tra le fatiche del lavoro e le gioie della tavola.
Maroni non tenta assalti.
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