Cronaca locale

«Me ne faccio un baffo» Storia e storie di Dalì

«Divina commedia» e ricettari: in mostra gli aspetti meno noti della prima «artistar»

Marta Calcagno Baldini

Si può dire che Salvador Dalì fosse un'artistar? «Non solo. Secondo me è stata la prima artistar dell'arte contemporanea», dice Andrea Kerbaker, una cattedra in Cattolica in «Istituzioni e politiche culturali», autore di romanzi, racconti e saggistica, nonché fondatore della Kasa dei libri dove ruota, con mostre organizzate ad hoc, la sua già millenaria collezione di volumi (che già supera i 30mila, tutti conservati nella Kasa e in uno spazio a Rozzano). E ora inaugura il 2020 con «Me ne faccio un baffo», la mostra che fino al 29 febbraio racconta l'artista dai baffi arrotolati ati, in tutte le sue manifestazioni (c'è anche un calendario di approfondimenti per il pubblico e di incontri per le scuole). «Dalì era un maledetto egocentrico - spiega Kerbaker -, tutto ciò che disegnava, diceva, scriveva, era riferito anzitutto a lui. Mai mi sarei aspettato di aprire un coperchio del genere, del resto per capire un artista devi grattare tantissimo». Percorrendo i tre piani tre piani della mostra si entra anzitutto nella genialità e nella folle fantasia di un uomo sopra le righe che persino i Surrealisti cacciarono dal movimento. «Per le sue idee filo-naziste - assicura Kerbaker - tra artisti gli hanno fatto un processo durato tutta la notte per decidere se davvero mandarlo fuori, lui dichiarò poi che neanche capì cosa gli dissero perché era stanco e voleva solo dormire». Sopra le righe lui e anche le storie che lo riguardano: il percorso sull'arte e la vita di Dalì inizia, in mostra, attraverso una Divina commedia che gli fu commissionata dallo Stato negli anni '50 per festeggiare i sette secoli dalla nascita di Dante nel 1965. «In quell'occasione il Governo d'allora si era mosso con insolito anticipo, 10 anni prima. Ma in questo caso fu dannoso: si diffuse la voce e vari artisti nostrani si lamentarono che fosse un pittore spagnolo a celebrarne uno italiano. Così l'opera fu bloccata. Ma il lavoro ormai era stato completato». E la storia continua: «Dalì se ne andò a Parigi, qui incontrò il marito di Gina Lollobrigida che rimase colpito da quest'operazione, acquisì lui le opere per la sua casa editrice Salani a Firenze (non quella che tutti conosciamo). Pubblicò lui questa Divina Commedia in 6 volumi». Sono tutte litografie e il tratto di Dalì è inconfondibile. Dall'Inferno, certamente il più coinvolgente, si sale fino al Paradiso con i disegni appesi con dei fili di nylon al soffitto. All'ultimo piano si approfondisce anche il Dalì personaggio, con opere provenienti dagli Stati Uniti (in Florida la collezione privata «Mors» è dedicata a Dalì). «Dalì è stato anche attore per la pubblicità dell'Alkaselzer, era un egocentrico: ha creato per sé anche il logo dei suoi baffi». Narcisista e con vari livelli di espressione ha girato due film con Louis Bonuel (uno si può vedere in mostra), ha disegnato la sequenza del sogno in Io ti salverò di Hitchcok e ha lavorato con Luchino Visconti nel Come mi piace di Pirandello, per cui disegna scene e costumi. Esposti anche due volumi di cucina, uno di ricette («che sono 136, immangiabili credo»), uno sul vino e poi critica d'arte. «Ha inventato anche un metodo, il Paranoico-critico: di fatto è un modo per parlare di arte, ma sempre partendo da se stesso e dal suo personaggio». Il fatto che Kerbaker consideri Dalì un'artistar non è certo un'affermazione affrettata: ogni mostra nella Kasa, due all'anno in genere, è un'opportunità di ricerca, approfondimento, oltre che un modo per aumentare ancora la sua collezione, dato che tutto ciò che Kerbaker espone lo vuole prima comprare. «Perché per capire davvero un artista prima devi grattare tantissimo: in genere, quando decido di approfondirne uno, i primi 3-4 mesi compro opere e materiali un po' a caso per farmi un'idea precisa di che persona fosse e del tipo di mostra che vorrei fare. Poi faccio acquisti sempre più mirati». Quindi per ogni mostra spende un patrimonio? «Assolutamente no, anzi qui voglio essere chiaro: quando le amministrazioni si lamentano del fatto che non hanno budget, io credo semmai che non abbiano idee. Con budget anche relativi si possono fare cose più che decenti. In generale il mio budget per una mostra è di 5-6mila euro. Ma bisogna avere idee, fantasia e creatività».

«Me ne faccio un baffo», Kasa dei Libri, largo De Benedetti 4, 02.

66989018 dal lunedì al venerdì 15-19, ingresso libero.

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