Il milanese in Franciacorta che fa il Barone (Pizzini)

I bilanci in attivo e le bottiglie premiate, l'imprenditore Colombo racconta i suoi primi dieci anni di presidenza

nostro inviato a Provaglio d'Iseo

Una solida tradizione familiare da imprenditori del rame con base milanese a Bresso, anche se in quelle campagne mantovane della nonna che di cognome faceva Prignacchi a Canneto sull'Oglio a solo un chilometro dal «Pescatore» dei Santini, c'era probabilmente anche un po' di destino. Quello che avrebbe portato il milanese Ugo Colombo che ama la finanza e la Juventus (forse, ma non di sicuro in quest'ordine), a fare il Barone (Pizzini) in Franciacorta. Terra di grandi etichette e regno delle bolle, da scalare con la tenacia di chi del vino ama il gusto, ma molto di più la sfida da lanciare a uno dei mercati più complicati, ma allo stesso tempo anche più affascinanti. Perché qui il blend di successo è fatto di talento per gli affari e intuizione, ma anche dalla capacità di saper riconoscere quel fazzoletto di terra che in una bottiglia riesce a mettere i profumi dei luoghi e la storia della gente che li abita. E fondamentale per questo è stata l'esperienza di grandi winemaker come Silvano Brescianini ed enologi tra i migliori d'Italia come il professor Lonardo Valenti dell'Università di Milano oltre che di agronomi conoscitori dei segreti della terra e delle piante come Pierluigi Donna: più ricercatori e artigiani della materia che tecnici di laboratorio. «Brescianini - racconta Colombo - ha dato il decisivo impulso produttivo e commerciale, Piermatteo Ghitti di Bagnadore da amministratore delegato ha guidato saggiamente l'aspetto economico-finanziario dell'azienda».

Barone Pizzini, dunque, una cantina che passerà comunque alla storia per essere stata la prima a produrre Franciacorta Bio. «Era il 1998 - racconta Colombo che nel frattempo ha salito i gradini fino a diventarne presidente - e quando si parlava di biologico ci prendevano per matti. Brescianini ci ha creduto, noi gli abbiamo dato spazio e oggi tutti sono costretti a seguirci». E a fare i conti con un'azienda che può aprire il suo sito internet con il marchio «Vent'anni di Viti&Cultura Bio». Anche se gli anni sono ora diventati 21 e dieci di questi portano già la firma da presidente di un Colombo arrivato da Milano, assieme alla moglie Daniela, a sviluppare i bilanci nel frattempo virati in attivo e a riempire la bacheca di premi vinti in tutto il mondo. Perché il Franciacorta Rosè 2008 ha conquistato a Londra l'International Wine Challenge 2012 come «Miglior vino bio al mondo», il Bagnadore è entrato nei primi cinque Metodo Classico d'Italia nella Guida dell'Espresso, ha preso i Tre bicchieri del Gambero Rosso, le Super Tre stelle nella Guida Veronelli 2019 e 5 Sfere su Sparkle Cucina e Vini 2016. All'Animante (chardonnay, pinot nero e pinot bianco), un gioiello per l'innovazione, è andata la Medaglia d'oro al Sommelier Wine Awards 2014 riconoscendone il grande successo commerciale grazie alla raccolta in 25 vigneti su suoli con diverse giaciture e origini geologiche. E una complessità data dalle terre più elevate e addossate alle Prealpi. Così come una perla donata dalla generosità della natura è quel Bagnadore (chardonnay e pinot nero) voluto dal fondatore dell'azienda Pierjacomo Ghitti su un'unica vigna le cui piante godono dei benefici di un vicino bosco che mitiga il clima, garantisce una buona escursione termica tra il giorno e la notte, favorendo una peculiare ricchezza di biodiversità.

E quando la Franciacorta è cominciata ad andare stretta, la nuova scommessa sono diventate le Marche con i verdicchi di Pievalta Castelli di Jesi che nell'era Colombo hanno raggiunto i Tre bicchieri e le chiocciole da azienda Top per Slow Food. «Quando sono andato a prendere quella terra - spiega - mi ripetevano che erano contenti che imprenditori del Nord portassero anche lì, tra le colline che sono la culla del vino bianco più importante della Penisola, il saper fare tipico dei lombardi che si è poi concretizzato anche con le culture biodinamiche. E io me ne sono subito innamorato». Tanto innamorato da convincere il milanese Alessandro Fenino, enologo trapiantato da Settimo Milanese a Pievalta, a dedicare ad Ugo (e quindi «PerlUgo») un vino fatto con le uve Verdicchio, ma spumantizzato in modo da creare un'affascinante sintesi tra la Franciacorta e le Marche. E poi l'agricoltura biologica è arrivata anche in Maremma, nei Poderi di Ghiaccioforte con il Rosso dei poderi di Toscana e il Morellino di Scansano.

Per Barone Pizzini un totale di 580mila bottiglie, un volume

d'affari di 5,2 milioni di euro e bilanci in attivo che hanno consentito al vulcanico Colombo di immaginare (tra gli altri) anche il business della ristorazione a Firenze e in Brianza. Certo il vino per brindare non manca.

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