Cronaca locale

Milano, un anno di invasione. Così il Pd ha fallito sui migranti

Dalla stazione Centrale piena di profughi al Palasharp, la sinistra ha solo spostato il problema. E ora Milano è satura

Milano, un anno di invasione. Così il Pd ha fallito sui migranti

Tutto inizia nel giugno 2015, quando centinaia di profughi si accamparono tra i marmi dei mezzanini della stazione di Milano. Una scena degradante per la città che ospitava Expo. Per alcuni giorni i migranti dormirono lì, assistiti dalle associazioni caritatevoli, mentre il Comune guidato da Giuliano Pisapia provava a rispondere come poteva: ovvero male.

La storia inizia così, ma finisce molto peggio. Anzi, sta tuttora continuando malamente. Dopo un anno infatti non è cambiato nulla: la piazza della stazione è ancora un accampamento, Milano è invasa dai migranti e l'amministrazione Sala non fa che spostare il problema. Senza mai risolverlo. (GUARDA IL VIDEO).

Il fallimento del Pd

A dimostrarlo sono le cronache. Pochi giorni dopo l'occupazione della stazione (giugno 2015), Pisapia si diceva orgoglioso di aver tolto i migranti dai mezzanini. Peccato si fossero solo spostati poco più in là, trasformando la i giardini di Vittorio Veneto in un accampamento. A gennaio 2016 poi l'assessore alle politiche sociali, Pierfrancesco Majorino, partorisce la brillante idea di assicurare 400 euro a chi ospita i profughi in casa. Il bando registra però un clamoroso flop, con sole 40 famiglie a rispondere all'appello. In seguito l'attenzione si sposta in zona Expo: il prefetto decide di piazzare gli immigrati nei prefabbricati delle forze dell'ordine. Novanta migranti subsahariani fanno il loro ingresso a marzo 2016, ma due mesi dopo salta tutto grazie anche alle proteste del centrodestra. Tuttavia, come noto, l'erba cattiva non muore mai e così negli ultimi mesi il tema "Expo" è tornato d'attualità, con il sindaco sempre più convinto sia la soluzione migliore. Sarà.

Con Beppe Sala a Palazzo Marino la musica non cambia. Il caos esplode di nuovo lo scorso luglio: la mela di Pistoletto in piazza Duca d'Aosta raccoglie un agglomerato di immigrati che non sa dove andare. Molti fanno i bisogni sulle aiuole, altri vorrebbero solo avere un tetto sotto cui dormire. Vorrebbero un centro di accoglienza, ma spesso finirci dentro non è cosa positiva. Le tensioni tra i profughi sono infatti violente e quotidiane. L'estate 2016 è bollente. Nel centro di via Mambretti, per esempio, un migrante viene arrestato per tentato omicidio. Nell'ex Cie di via Corelli i profughi scatenano una rivolta, occupano il centro e sequestrano quattro operatori. In quello di via Sammartini la situazione è drammatica, con famiglie eritree costrette a dormire sotto la pioggia perché l'hub è sovraffollato.

A tutti i milanesi è evidente una cosa: la città non può accoglierne altri, o almeno non dignitosamente. Nell'attesa che chi di dovere si adoperi, Milano si è trasformata in una distesa di campi profughi improvvisati più o meno stabili, a partire da piazzale Susa fino alla Tangenziale Est per Linate. Qui un gruppo di pakistani e afghani ha vissuto in condizioni disumane sotto i piloni del cavalcavia. Di giorno andavano a lavarsi nel laghetto del parco frequentato da bambini e sembravano fantasmi in una città incapace di controllarli. Per non farsi mancare nulla, sempre a luglio, la polizia arresta 13 "scafisti di terra" accusati di aver organizzato il trasporto illegale di clandestini verso i Paesi del Nord Europa. Costo del viaggio: 1000 euro.

Milano meta dei migranti

Perché Milano è così sovraffollata? Semplice: ormai non è più solo una zona di passaggio. Chi viene qui lo fa per rimanerci. Un tempo il 98% voleva andare altrove, oggi a puntare ad una sistemazione in città è il 75% dei migranti. I numeri ufficiali parlano di 106mila profughi (di cui 21 mila minori) accolti dal 2013 ad oggi. Un'enormità. ​Ogni notte bisogna trovare un tetto a 3mila persone. Troppe. E così di fronte all'assenza di letti, il Comune pochi giorni fa ha infine deciso di affidare ai City Angels la gestione di un'altra trentina di migranti per farli dormire "in via transitoria" nella "moschea" all'ex Palasharp, luogo che i milanesi avrebbero voluto veder risorgere. E non abbandonato ai migranti.

In tutto questo marasma, Beppe Sala è riuscito soltanto a scrivere una lettera a Renzi per spiegargli che Milano non ce la fa più. Non c'era bisogno di sprecare inchiostro, lo sapevano già tutti.

Ma si è capito: il Comune più che gestire l'afflusso, lo subisce.

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